21 aprile 2013

UNA STORIA DI STREGHE PARMIGIANE TRA LE MURA DEL CASTELLO DI GRAGNANO

Di Paolo Panni



Il castello di Gragnano Trebbiense, situato in aperta pianura, a pochi chilometri dalla città di Piacenza, è stato teatro, secoli fa, di un doppio, tragico fatto: tutto parmigiano. Al centro della vicenda il terribile Duca Ranuccio I Farnese (quarto Duca di Parma e Piacenza, quinto Duca di Castro, figlio del grande condottiero Alessandro Farnese e di Maria D’Aviz) e due donne parmigiane, Claudia Colla e la madre Elena.

 Il diabolico duca, personaggio superstizioso, confiscatore di beni altrui e, oltretutto epilettico, non era l’uomo più adatto da frequentare. A loro spese lo capirono non solo Barbara Sanseverino e gli altri pseudo congiurati che persero la vita nel 1611, ma anche Claudia ed Elena. Fu, in questo caso, una vicenda vissuta tra amori, filtri magici, riti notturni ed incantesimi.
Claudia, già da ragazzina, appena quindicenne, divenne l’amante del Duca, colpito dalla sua grande bellezza. La madre Elena, intuito ben presto che quella poteva essere una grande occasione per arricchirsi, spronò la relazione fra il nobile e la figlia. Le due donne, inizialmente, vissero a Parma, a Palazzo Ducale, con cortigiani e nobili che furono costrette a trattarle come nobili. La giovanissima Claudia ebbe anche due figli dal Duca, il quale tuttavia, nel dicembre 1599, per ragioni di Stato, come accadeva allora, dovette sposare Margherita Aldobrandini. La differenza, molto semplicemente, stava nel fatto che, se Claudia era una ragazza bellissima, Margherita era invece bruttina. Era però non solo molto ricca, ma era nipote di Papa Clemente VIII. Nel giro di breve tempo emersero problemi direttamente legati alla possibilità di avere eredi. Infatti, il primo figlio, nato l’8 agosto 1602, morì a poche ore dal parto. La figlia nata l’anno seguente morì, a sua volta, quasi subito. In più ci furono due aborti e l’unico figlio che riuscì a sopravvivere, Alessandro, dopo le feste iniziali, fece emergere evidenti limiti: era sordomuto ed epilettico. Malattia, quest’ultima, “ereditata” dal padre. Insomma, Margherita Aldobrandini, oltre ad essere bruttina, non era in grado di dare un figlio decente a casa Farnese. A quel punto fu di nuovo chiamata in causa Claudia Colla, che fino a quel momento non si era rassegnata ad essere allontanata dal Palazzo ed aveva più volte cercato di riprendere la relazione col Duca, con l’obiettivo che questi riconoscesse i figli. Ma per la ragazza questa mossa fu la più sbagliata. Ranuccio I Farnese aveva infatti gravi disturbi, fra atroci mal di testa, sofferenze psicologiche, palpitazioni al cuore, un sistema nervoso pressoché a pezzi, era spesso alle prese con stati di singhiozzo convulso e,oltretutto, vedeva e sentiva cose che, di fatto, esistevano solo nella sua fantasia. L’uomo riversò la colpa di tutti questi problemi sulle due Colla, accusandole di stregoneria e facendole arrestare. Arresto che avvenne il 27 aprile 1611. Claudia subì la tortura e confessò tutto, snocciolando anche numerosi particolari (come attestano i verbali del processo). Parlò anche di filtri d’amore confezionati con grande abilità. Uno di questi, ad esempio, composto da farina rubata da tre diversi mulini, impastata con acqua di tre canali e tenuta sul seno per nove giorni, finchè il fuoco dell’amore non l’aveva cotta. Inoltre, quando Ranuccio era a Piacenza, le due streghe, al fine di farlo rientrare, percuotevano un’immagine della Madonna con le bacchette con cui si battono le tenebre nella Settimana Santa. Ed intanto recitavano queste parole: “La Vergine nascette in Airò; sia benedetto quello profeta che la proffettizzò; sia benedetto quell’angelo che l’annuntiò; disse Ave Maria ed pupi s’inzenocchiò”.
Claudia, inoltre, portava sempre una calamita battezzata e, mentre si batteva ritmicamente il pugno su un ginocchio, di fatto, ad ogni colpo, il cuore del Duca avvertiva un sobbalzo. Così come emerse che, per non fare avere figli a Ranuccio e Margherita, le Colla avevano piantato nella loro cantina un bastone, dentro ad una buca profonda. Alla nascita di un germoglio corrispondeva quella di un nuovo Franese, ma una delle fattucchiere strappava immediatamente il germoglio, così che il piccolo nato doveva morire. Emerse poi che tre chiodi nuovi erano stati sotterrati dietro le mura del cimitero di San Lazzaro, fuori Porta San Michele. E, nonostante le ripetute ricerche effettuate da servi e soldati, non fu trovato nulla. E Ranuccio continuò a soffrire di mal caduco e, per parecchio tempo, udì un costante tintinnio nelle tappezzerie ed era tormentato da un piccolo uccello dal capo nero che, di notte, batteva le ali contro le sue finestre. Ad una serie di prove schiaccianti si aggiunsero anche dei testimoni. Fra questi, Antonia Zanini, un’apprendista strega, mandata dalle Colla a spargere una strana polvere bianca sul penultimo gradino dello scalone principale del Palazzo Ducale. E così, quando il Duca vi posò i piedi, cadde a terra e svenne. Leggendo i verbali, sono indubbiamente curiosi, ed un tantino comici, quelli relativi alla Zanini stessa che racconta anche dei suoi cordiali rapporti, nientemeno che col diavolo. “Andai sopra al pozzo con una cannetta in bocca, che era longa qualche mezzo brazzo et larga doi dita et chiamai tre volte Sattàn; et subito io lo vidi nel pozzo et venne su per la detta cannetta et saltò lui in meggio la stanza dove era detto pozzo, con le corne in forma di demonio; ma non era brutto, ma in forma et aspetto di giovine con i piedi come le ocche et era vestito con i panni longhi, nel che non se gli vedea se non i piedi. Et disse ‘Dimanda che cosa tu vuoi’. Et io gli dissi che voleva quel messer Andrea per marito. Et detto Demonio mi disse che mi havrebbe fatto fatto avere tutto quello che havessi voluto et oro et gioie et tutto quello che havessi saputo desiderare, purchè l’havessi adorato lui et dattomigli in anima et corpo”. La Zanini, secondo quanto tramandato dalla storia, era brutta e vecchia. Finì anche lei in carcere e il suo Satana fedifrago non si fece più vedere.
               


Prigioni e camera di tortura erano a Gragnano. Qui, a Claudia fu trovato e sequestrato anche uno strano “pomo verde” che prese alla sprovvista anche gli esorcisti locali. Venne così chiamato un certo Don Girolamo, famoso persecutore di diavoli, fatto arrivare direttamente da Napoli. Faticò, e non poco, Don Girolamo, a scacciare il diavolo. Nel momento in cui ci riuscì, la zona fu colpita da un violento temporale, con la grandine che distrusse le campagne per un raggio di quindici miglia. Intanto continuò a star male il Duca di Parma, che oltretutto sentiva ovunque puzza di zolfo bruciato e, nel momento dell’esorcismo a carico del “pomo verde”, stando ancora a quanto riportato nei verbali di allora, gli vennero “dieci o dodici accidenti”.
Terminato il processo, e condannate come streghe, Claudia ed Elena vennero bruciate vive, secondo il “rituale” che allora si seguiva, appunto, per fatti di stregoneria. Nei sotterranei del castello,da tempo murati, per anni ed anni, secondo le testimonianze riportate, si sono uditi strani rumori e lamenti. In passato, quando i sotterranei erano ancora aperti, ci fu anche chi tentò di capire origine e causa di quei gemiti. Si trattò, come ricordano le memorie locali, di un fattore che fece scendere, in quei locali, i suoi cani famelici. I due animali tornarono talmente terrorizzati che nessuno ebbe mai più il coraggio di addentrarsi nei sotterranei.
             



Da evidenziare che la zona è stata anche al centro di sanguinose battaglie. Nell’anno 889, ad esempio, la zona fu teatro di una sanguinosa battaglia fra eserciti di Berengario I marchese del Friuli, nipote per parte di madre di Lodovico il Pio, e di Guido II principe francese divenuto duca di Spoleto. Lo scontro fu favorevole a Guido e Berengario si salvò fuggendo a Verona.
Un'altra battaglia fu quella fra i francesi del generale Mac Donald e gli austro-russi del generale
Suvarov avvenuta nel giugno del 1799. I Francesi, sconfitti, si ritirarono attraverso i monti in Liguria.
TESTI E FOTO DI PAOLO PANNI
LE FOTO DI RANUCCIO I FARNESE PROVENGONO INVECE DAI SITI DELLE BIBLIOTECHE DI PARMA E DAL PORTALE EUROPEANA.EU. L’immagine che lo ritrae a cavallo è la statua equestre di Francesco Mochi che si trova in piazza Cavalli a Piacenza.

FONTI BIBLIOGRAFUCHE E SITOGRAFICHE

Tiziano Marcheselli, “Fantasmi e leggende dei castelli parmensi”, Umberto Nicoli editore

Unione comuni-valtrebbia-valluretta.it
Metropolis.it
Sapere.virgilio.it

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