23 luglio 2016

“BOLOGNA MERAVIGLIOSA” – ANCHE MISTERI E LEGGENDE TRA LE STORIE ILLUSTRATE DA CRISTINA ORLANDI


di Paolo Panni




E’ uscito di recente il libro “Bologna Meravigliosa – storie della città felsinea”, pubblicato dalle Edizioni della Sera, scritto da Cristina Orlandi, bolognese doc, che del capoluogo emilianoronagolo conosce angoli e segreti, aneddoti e vicende, misteri e particolarità. L’incontro con l’autrice è stato anche l’occasione per “scavare” anche tra le pagine del suo libro e per far emergere i misteri di cui tratta. 

"Bologna Meravigliosa" è il titolo del tuo libro: possiamo aggiungere anche "Bologna Misteriosa"? Perchè?

Ciao, 
Innanzitutto, grazie per il pensiero di dedicare un po' di spazio al mio libro sul vostro sito.
Certo, si potrebbe tranquillamente aggiungere "Misteriosa" come aggettivo per definire la mia città, per una serie di motivi:
Innanzitutto, Bologna ha origini antichissime, la sua fondazione risale addirittura all'epoca etrusca.
Più volte distrutta e ricostruita nel corso dei secoli è passata attraverso diversi domini, come etruschi, romani, barbari (i galli Boi, che cambiarono il nome da Felsina a Bononia), lo Stato Pontificio, Napoleone. Bologna fu anche libero comune, e questo significò essere teatro di vari scontri, guerre e battaglie. 
Un passato così antico e turbolento significa reperti, macerie, che spesso rivelano qualcosa di misterioso e inquietante. Una suppellettile, anche non necessariamente bellica, se molto antica, racchiude in sè mistero. Intendo dire: al ritrovamento di un qualsiasi reperto viene spontaneo domandarsi e cercare di scoprire a chi potrebbe essere appartenuto, a cosa servisse esattamente. 
In alcuni luoghi, poi, durante la ricostruzione post-bellica della II guerra mondiale, sono stati ritrovati scheletri e resti mummificati, che probabilmente risalgono a epoca medievale. Il "probabilmente" incuriosisce, inquieta. È un mistero, uno dei tanti. 
Inoltre, la struttura a "ragnatela" delle vie del centro storico contribuisce non poco a rendere Bologna misteriosa.
Senza contare il fatto che Bologna è la città che vanta il maggior numero di portici nel mondo. 
I portici offrono i vantaggi di riparare dalle intemperie e fare ombra d'estate, e soprattutto di nascondere.
John Grisham scelse Bologna come teatro per l'unico dei suoi romanzi ambientato in Italia perché, per sua stessa definizione "E' la città ideale per nascondersi".

Domanda d'obbligo: perchè "meravigliosa"?

Premetto di non avere scelto io il titolo: il libro fa parte di un progetto editoriale della Casa Editrice "Edizioni della Sera"
Il link riporta alla collana "Radici", vale a dire al progetto a proposito delle guide emozionali sulle principali città italiane.
"Meravigliosa" perché si tratta di una guida emozionale, cioè di un percorso di emozioni legati ai luoghi. 
Indispensabile era quindi conoscere non solo la città e la sua storia, ma anche i modi di dire e di vivere, la cultura, le tradizioni popolari. 
Ad ogni luogo, o tradizione, o curiosità è abbinato un racconto. Alcuni autobiografici, altri inventati,
altri ancora sono ricordi di famiglia. 
Il libro non è propriamente una guida turistica, anche se può essere così utilizzata perché parla di luoghi; piuttosto, è un souvenir, un album di ricordi, di curiosità, di tradizioni.

Tra i luoghi misteriosi indicati nel tuo libro c'è il santuario di Santa Maria di Zena, noto anche come "Santuario del Monte delle Formiche". Parlaci di questo luogo e dei suoi misteri.

Si tratta di un santuario dedicato alla Beata Vergine, situato su un monte nei pressi di Loiano, località dell'Appennino bolognese. 
È conosciuto come "Santuario del Monte delle Formiche" perché nel mese di settembre le formiche alate arrivano al Santuario a sciami, e poi cadono a terra inerti. Pare un fenomeno soprannaturale, intenso e solenne. Ci sono leggende popolari che raccontano di come le formiche rendano l'estremo omaggio all'altare della Beata, per morire subito dopo.

Del Portico delle 3 frecce invece cosa puoi dirci?

Si tratta di un portico ligneo, situato nel punto in cui Strada Maggiore, una delle vie che si diramano dalle Due Torri, incontra Palazzo Isolani. Sotto la volta del portico si trovano tre frecce conficcate nel legno. 
Attorno a quelle frecce sono nate varie leggende: c'è chi racconta che rappresentavano, all'epoca dei Liberi Comuni, i simboli del potere cittadino: la Chiesa, il Senato Massonico, il Partito. 
Poi ci sono diverse, leggendarie versioni che narrano di regolamenti di conti, spedizioni punitive, vendette, tutte terminate con il mancato bersaglio da parte degli arcieri che mandarono, per l'appunto, le frecce a conficcarsi sotto la volta del portico. 
Di queste leggende, la più curiosa é quella che vede gli arcieri sbagliare mira perché distratti dalla visione di una donna bellissima, che si affacciò nuda ad una delle finestre. Era la donna stessa il bersaglio, che doveva essere punita in quanto adultera? O era la moglie di un nobile, oggetto di regolamento di conti, che salvò il marito da morte certa, facendo sì che i sicari sbagliassero mira, distratti dalla sua bellezza? 
Oppure il portico, in quel punto, fu teatro di un turbolento duello a colpi di freccia? 

Da bolognese e da scrittrice quali sono i misteri che più ti affascinano della città e della sua provincia?

Sicuramente mi affascinano i colli, primo fra tutti quello con il Santuario della B. V. di San Luca. 
La strada che conduce vanta il portico più lungo del mondo, collegato direttamente con lo Stadio. Più di tre chilometri di portico, in salita, con quattrorocentonovantotto gradini. È il numero degli archi a inquietare: 666! 
Perché la strada che conduce a un luogo sacro ha un numero di archi da poter essere definito come "diabolico"?
E perché durante le processioni della Beata, che si tengono 2 volte l'anno, piove sempre? 
I colli attorno a Bologna, 10, con le loro suggestive vedute panoramiche, paiono avvolgere la città di mistero, di ombra. Chi può sapere cosa succederebbe a chi, malauguratamente, dovesse cadere da uno strapiombo? Erba alta, alberi, silenzio, ville circondate da mura. 
Poi ci sono le torri. 
Penso che qualsiasi romanziere finisca fatalmente per essere attratto dalle torri, da sempre indicate per antonomasia come teatro di drammi, prigionie, lacrime e salvataggi. Poco importa che a Bologna, in realtà, le torri, in epoca medievale, venissero costruite dalle famiglie più influenti come simbolo di potere e prestigio. 
Una torre è sempre una torre, qualcosa deve essere successo per forza, dietro quelle spesse e anguste mura, illuminate a fatica da finestrelle minuscole.

17 luglio 2016

Intervista a Salvo Virgilio - Consulenze Scientifiche Psi


di Giovanna Bragadini





Salvo Virgilio è un ricercatore molto particolare, convinto assertore del metodo scientifico nelle indagini su fatti insoliti. Il suo atteggiamento equilibrato, né scettico né “credulone”, mi ha colpita e ho voluto intervistarlo per i lettori di Emilia Misteriosa. 





Di cosa ti occupi?

La mia professione è quella di tecnico elettronico nel settore dell’ingegneria bio-medica, ma l’attività per la quale sono chiamato a rispondere in questo caso è quella di consulente scientifico per lo studio e l’analisi di fatti insoliti.

In cosa consiste la tua ricerca nel campo del paranormale? 

Il lavoro di studio che svolgo sui fenomeni, denominabili “fenomeni Psi” in alternativa al termine “paranormale”, che risulta in tal senso fuorviante, si articola essenzialmente in due modalità: la prima, lo studio a carattere tecnico-scientifico di accadimenti, di testimonianze e di ambienti in relazione a presunte anomalie spontanee percettive e/o fisiche, con il coinvolgimento analitico di varie discipline. Questo genere di studi comprendono anche prove sperimentali. In questo settore assolvo anche un ruolo in un importante centro di ricerche bolognese.

La seconda modalità è un servizio di consulenze specifiche per persone direttamente interessate da fatti insoliti, apparentemente non spiegabili in modo ordinario, che richiedono un supporto finalizzato alla comprensione o alla risoluzione della questione stessa. Questo è un servizio aperto, al quale si può rivolgere chiunque, di volta in volta supportato da figure specifiche esterne quali medici, psicologi e professionisti in diversi settori, con i quali collaboro. Per questo genere di consulenza ricevo nel mio studio privato su appuntamento. Di ogni caso viene poi effettuato uno scrupoloso esame analitico, onde cercare di comprendere di più riguardo la natura e le dinamiche coinvolte.


Quali mezzi utilizzi? 



Come ogni studio mirato all’ampliamento della conoscenza, il mezzo imprescindibile è il metodo: è determinante quindi lo sviluppo di protocolli specificamente studiati prima di intraprendere qualsivoglia analisi o ricerca. Pur presentando concettualmente apparenti incompatibilità in relazione allo studio dei fenomeni Psi, il metodo della scienza è l'unico attraverso cui approcciarsi per un'analisi intelligente della realtà, ed è quello universalmente riconosciuto.



Oltre il metodo è fondamentale una preparazione accademica e conoscenze culturali in vari ambiti. 



Naturalmente i mezzi “intellettivi” sono fondamentali, ma non bastano per procedere materialmente: nel campo di ricerche pratiche occorrono apparecchiature tecniche che permettano di studiare vari fattori concorrenti.


Per procedere in questo senso impiego una numerosa strumentazione tecnica: un laboratorio mobile di analisi ambientale (E.M.U. - Environmental Monitoring Unit) computerizzato, un analizzatore di energie non ionizzanti, strumentazione fotografica e per videoripresa, computer, sistemi di parametrizzazione biomedica, ecc. A questi si aggiungono apparati sperimentali come il V.L.A., un visore a larga-banda analogico e digitale in grado di convertire e rendere registrabili immagini derivate dall’analisi dello spettro elettromagnetico oltre il visibile.



Naturalmente, trattandosi di un settore di ricerca “pionieristico” è necessario scandagliare numerosi aspetti fisici e biologici, per cui gli strumenti di cui mi servo sono molti, e sarebbe lungo elencarli tutti. 



Tengo a precisare che ogni apparecchio fornisce una certa mole di informazioni, e pertanto si rende necessaria una conoscenza approfondita non solo degli aspetti strettamente tecnici della strumentazione ma anche dei dati rilevati e del loro significato, la cui decodifica e analisi costituisce una parte determinante dello studio compiuto, a seguito della fase d’acquisizione dei dati.



Da quanto tempo porti avanti le tue ricerche e da dove nasce il tuo interesse per questo settore?



Ho iniziato circa venticinque anni fa a documentarmi sulla ricerca psichica, parallelamente agli studi scolastici e universitari. Con il tempo e l’esperienza sono passato a svolgere studi e ricerche, tenere conferenze e scrivere sulla stampa, oltre ad essere interpellato su questioni specifiche da enti statali quali l’Arma dei Carabinieri e Ministero dei beni culturali.



L’interesse per queste tematiche non ordinarie ha, nel mio caso, radici lontane; per molti anni ho vissuto in un’abitazione in cui accadevano fatti insoliti spontanei, non riconducibili a cause convenzionali. Di alcuni di questi sono stato testimone diretto, e la ragione che mi ha spinto sulla via della ricerca nel campo delle tematiche di confine è stata, per l’appunto, la curiosità di capire se vi fossero cause razionali o spiegazioni a ciò che avevo sperimentato in modo oculare. Si è trattato quindi più di una necessità intellettiva empirica che di un semplice ed insolito interesse culturale. 



Quali sono i risultati più interessanti che hai raggiunto?



Mi preme sottolineare come il concetto di risultato sia applicabile consecutivamente alla conclusione di una ricerca: in linea generale, una ricerca in tal senso non è mai finita ma è sempre “in divenire”. Se facciamo riferimento a casi singoli, tuttavia, si perviene a dei risultati: e per risultati si intendono anche conclusioni assolutamente ordinarie. Non si è trattato sempre di questo. Ho avuto esperienze di ricerche su fenomeni spontanei in cui, escluse in modo rigoroso le possibili variabili causali ordinarie, si è potuta considerare la possibilità di insorgenza di fattori straordinari. È il caso di un antico castello in una cittadina pugliese, o di un conosciutissimo fortilizio nelle Marche, o ancora di un appartamento sito in una zona centrale della città di Parma. Riguardo le decine di casi studiati, soprattutto nella tipologia dei fenomeni spontanei, ho stilato un rigoroso “report” per ognuno di essi, e alcuni di questi si concludono senza che sia possibile attribuire ai fenomeni implicati una spiegazione convenzionale accettabile: di per sé questi sono risultati interessanti. 



Qual è il fenomeno più strano/eclatante/inspiegabile al quale hai assistito finora?



L’apparizione improvvisa, della durata di circa 7/8 secondi, di una figura antropomorfa completamente nera, di cui erano visibili chiaramente solo gli occhi e la silhouette, che si spostava in modo rapido e silenzioso, interagendo con l’ambiente circostante. Ho assistito anche ad altri fatti inspiegabili, ma questo brevemente descritto è stato fino adesso quello più importante. 



Hai pubblicato o pensi di pubblicare qualche libro sui tuoi studi?


Ho in programma la pubblicazione, in un futuro prossimo, di un lavoro editoriale sul tema dei fenomeni spontanei: non si tratterà tuttavia di una guida per “investigatori dell’ignoto”, o di una raccolta classificatoria di luoghi ritenuti “abitati dai fantasmi” (di cui, in entrambi i casi, vi è oramai una vasta proliferazione), ma di un saggio d’impostazione multidisciplinare, a carattere scientifico. Naturalmente la realizzazione di un lavoro di questo tipo richiede un impegno notevole, pari alla serietà che si vuole trasfondere: una buona parte di quest’opera è comunque già pronta, e pertanto auspico una futura presentazione editoriale non troppo lontana dal tempo presente.

Per il resto ho già pubblicato diversi lavori, soprattutto sotto forma di articoli editoriali per rotocalchi e riviste specializzate: tra le varie pubblicazioni per cui ho scritto vi è, ad esempio, “Il Giornale dei Misteri”. Molti anni or sono ho condotto un programma radiofonico per una emittente privata, e là ho spesso trattato di personali ricerche nel campo dell’insolito. Ho inoltre partecipato a programmi televisivi, in un caso svolgendo il ruolo di consulente per una serie, andata in onda su un circuito tv nazionale, incentrata su misteri locali e sul mondo dell’ignoto.




Chi volesse contattare Salvo può farlo scrivendo a consulenze-psi@libero.it oppure tramite la sua pagina Facebook Consulenze Scientifiche Psi




1 luglio 2016

STORIA, MISTERI E SUGGESTIONI A VILLA OPPI: LA RESIDENZA PRIVATA DI MARIA LUIGIA D’AUSTRIA


di Paolo Panni





Al confine tra le province di Parma e Piacenza, a due passi dalla storica Via Emilia, un luogo ricco di fascino e di storia, di laboriosità e di saperi, senza farsi mancare misteri e leggende che lo rendono ancora più suggestivo. Se Emilia Misteriosa ha potuto accedervi, “scavando” nel passato, è stato grazie alla disponibilità del suo proprietario, Stefano Agazzi, imprenditore innamorato del suo lavoro e della sua dimora. Una dimora imponente e austera, antica e capace di richiamare, con le sue torri, lo sguardo anche del passante più distratto che si trova a percorrere la via Emilia, nel tratto compreso tra Fidenza e Alseno. 

Il luogo in questione è Villa Oppi, per diversi anni residenza estiva, privata, di Maria Luigia d’Austria, Duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla. Ci sembra significativo pubblicare questo servizio, su un luogo ancora oggi ai più poco conosciuto, così legato alla “Duchessa più amata dai parmigiani” (come viene spesso definita) proprio in occasione del secondo centenario del suo arrivo nelle nostre terre. 

Ma Villa Oppi, va detto subito, immerge le sua radici ad epoche molto più remote. Può infatti essere considerata uno dei più antichi “autogrill” d’Italia, se non addirittura il più antico. Come ricordato infatti dal proprietario, Stefano Agazzi, il luogo ha iniziato la sua attività in epoca romana (cosa confermata anche dal ritrovamento di oggetti e monete romane nei campi circostanti). Per la sua posizione strategica, posta a ridosso della Via Emilia, ha infatti iniziato la sua attività come Posta Romana, destinata ad ospitare i capi ed i comandanti delle legioni romane che transitavano lungo la via Emilia, diretti verso le località che, chiaramente, facevano parte dell’impero romano. Ad alcune decine o centinaia di metri di distanza si trovava l’accampamento (dove riposavano i componenti delle legioni, per lo più schiavi, mercenari e poveri). 


Dove oggi si trova la villa, sorgeva invece la “posta” in cui si fermavano, invece, i comandanti delle legioni romane. Nel tempo, a differenza di altri luoghi simili, a fronte chiaramente della sua posizione strategica, ha continuato ad essere una posta per il ristoro ed il cambio cavalli di tutti i viaggiatori che percorrevano la via Emilia, funzionando chiaramente anche come osteria e come luogo per lo scambio di merci. 




Ci sono riscontri storici confermati, d’inizio 1500 (su un camino posto all’interno di una sala è ancora oggi impressa la data 1524), da cui emerge che in quell’epoca (quindi anche parecchi secoli dopo la fine dell’impero romano) che la “posta” continuava a funzionare a pieno regime e, come avveniva per tutte le dimore storiche dell’epoca, tutto ciò che veniva servito ai viaggiatori veniva auto-prodotto in loco, a iniziare dal vino che era il prodotto principale dell’azienda.








Contrariamente a quanto accade per molte ville, rocche e castelli che, ancora oggi, portano i nomi delle famiglie nobili che li hanno abitati, questa dimora non ricorda, col suo nome, alcuna famiglia, ed è questa una delle prime curiosità. Gli Oppi, quindi, non erano un Casato aristocratico ma, molto più semplicemente, questa denominazione deriva dalla grande quantità di alberi (Acero Oppio) che si potevano notare, in passato, passando di fronte all’azienda, alberi che storicamente venivano coltivati proprio come sostegno dei tralci di vite (ai tempi non si usavano ne pali ne fili di metallo, ma solo alberi capitozzati e deformato all’uopo). In questo modo i grappoli si formavano ad altezze di 4 o 5 metri, e in questo modo soffrivano meno gli effetti dell’umidità. 

Ecco dunque che la villa reca il nome degli alberi che venivano utilizzati per la coltivazione della vite. Il vino, privo di solfiti, non aveva una lunga durata; da qui il motto “Vinum Novum, Amicus Novus” e uno dei principali prodotti era il “Pallido” dato da una mescolanza tra vitigni bianchi e rossi. 


Il servizio di posta pubblica, come ricorda anche l’attuale proprietario, continuò sino ad inizio 1800, con Maria Luigia d’Austria (seconda moglie di Napoleone Bonaparte), allora duchessa di Parma e Piacenza, che vi si fermò più volte, a ristorarsi, durante le trasferte da Parma a Piacenza, e viceversa. Il luogo le piacque particolarmente e, anche a fronte della posizione “strategica”, di fatto a metà strada tra le due città emiliane, decise di farne una residenza estiva privata. Fu molto amata, Maria Luigia d’Austria, anche in questa “fetta” di terra al confine tra il Parmense e il Piacentino, grazie soprattutto alla sua generosità. 

Fu in modo particolare con la riforma agraria, tanto semplice quanto efficace, che riuscì ad avere il popolo dalla sua parte. Giusto sotto la dominazione Francese prima e Austriaca poi si introdussero nuove varietà di viti provenienti dalla Francia, e nel 1820, il primo taglio “Bordolese” Italiano fu proprio realizzato a Villa Oppi. In seguito alla morte di Maria Luigia, la villa ebbe un periodo di decadimento per poi essere acquistata, nel 1920, da un milanese che fece intervenire l’architetto Guido Tirelli (uno dei migliori d’Europa all’epoca) per effettuare importanti lavori di ristrutturazione e, soprattutto, per provvedere alla realizzazione delle due torri (una delle quali raggiunge i 38 metri di altezza) che, anche attualmente, rappresentano uno degli elementi chiaramente più evidenti del monumentale complesso. 

Nel 1954, il Castello degli Oppi (come veniva ormai definito anche e soprattutto per la presenza delle torri) fu preso in affitto da Franco e Giuseppe Agazzi, che lo acquistarono nel 1972. Per diversi decenni l’attività è stata quella di una normale azienda seminativo-irrigua; ma coltivando non è stato difficile, per gli Agazzi, ritrovare i resti delle antiche viti che erano state in larga parte estirpate subito dopo la seconda guerra mondiale per favorire le zone Doc di collina

La viti rappresentano la storia ultracentenaria, il simbolo di questa tenuta. Dalla riscoperta della vera natura di questa azienda è stato creato un pool di aziende Vitivinicole che producono per Villa Oppi solo vini di alto pregio e con una variabilità di tipologie unica ed assolutamente di altro pregio. Sono quindici, in tutto, le aziende coinvolte, dalle Alpi alla Sicilia, che oggi si ritrovano sotto il marchio “Villa Oppi” con una linea di prodotti di alto livello. Il 99 per cento di ciò che viene prodotto è esportato in 34 Paesi del mondo, in particolare in Asia, Sud America, Usa, Canada e Nord Europa. Di spicco le etichette di metallo riciclato (rame e alluminio), Si realizzano inoltre due linee di prodotti denominati “Sangue di Miura” e “Palazzo del Vignola”, due marchi dedicati al vino di Tonino Lamborghini (figlio di Ferruccio, fondatore dell’omonima e celebre casa automobilistica). I due marchi sono stati inventati proprio da Ferruccio Lamborghini ed oggi le etichette sono realizzate nientemeno che in ceramica, il tutto lavorato a mano. 
“La nostra azienda – spiega Stefano Agazzi, presidente e Wine expert dinamico di Villa Oppi - è sempre stata orientata a produzioni limitate ma di alto livello organolettico; grazie alla selezione dei grappoli uno ad uno la qualità espressa in ogni bottiglia è di alto pregio. La cura e l’attenzione per la produzione deriva da un lungo processo controllato dall’inizio alla fine, partendo dalla vite, continuando in cantina, passando per l’invecchiamento in barrique di media tostatura sino all’imbottigliamento. Per assicurare l’alta concentrazione di zuccheri, profumi e sapori, 2 mesi prima della raccolta rimuoviamo circa il 50% dei grappoli. Fertilizzanti e pesticidi sono ridotti al minimo seguendo le normative di legge”. Con il marchio Lamborghini è nata una collaborazione con la sua divisione di prodotti alimentari quale appunto l’Officina gastronomica e quindi, la creazione di prodotti in esclusiva, unici e particolari che rappresentano l’eccellenza l’italiana, come per esempio un Brachetto secco che abbiamo soltanto noi in Italia. “La linea Tonino Lamborghini – spiega Stefano Agazzi - comprende i vini a marchio “Sangue di Miura” e “Palazzo del Vignola” by Tonino Lamborghini con un etichetta importante, studiata dall’ufficio design di Lamborghini e realizzata da un azienda di ceramiche artistiche. “Sangue di Miura” ha un storia intrecciata alla passione e alla dedizione: Ferruccio Lamborghini, quando si ritirò dagli affari comperò un azienda vitivinicola a Perugia ,oggi gestita dalla figlia e volle dedicare il primo vino alla sua macchina preferita la storica Miura. Tonino ha voluto fare un omaggio al padre, riprendendo la tradizione e proponendo “Sangue di Miura”per una delle due linee. La linea “Palazzo del Vignola”, è legata al gioiello architettonico del ‘500 che si trova a Funo di Argelato, in provincia di Bologna, dimora storica dove ancora oggi ci sono alcuni uffici della Tonino Lamborghini Spa”.

Secoli di storia, dunque, in questo “angolo” d’Emilia. Storia legata al vino, alla terra e, appunto, alla presenza di Maria Luigia d’Austria. Ed una delle leggende che riguardano il posto coinvolge nientemeno che la celebre Duchessa. Si dice infatti che, tra le sale e gli ambienti della villa, ancora oggi aleggi il suo spirito e che in certe notti si oda chiaramente suonare un vecchio pianoforte appartenuto, sembra, alla stessa Maria Luigia, che ancora oggi si conserva all’interno del palazzo. Il diretto interessato, Stefano Agazzi, non fatica ad ammettere, molto serenamente, di non aver mai notato né udito nulla di anomalo. 

Tuttavia la leggenda resta ed è alimentata da ciò che si tramandano i più anziani che vivono nei dintorni. Un’altra leggenda, più “folcloristica” riguarda invece il pozzo che si conserva nel cortile interno. Si dice infatti che, in passato, per la notte di San Giovanni, vi scaturisse non acqua ma vino. Una leggenda che, tuttavia, sembra più che mai appartenere, come già anticipato, al mondo del folclore locale. 

Alcuni storici della zona sostengono inoltre che fra le mura di questo palazzo sia nato papa Gregorio V: una teoria che necessità tuttavia di approfondimenti e che oggi non trova alcuna conferma ufficiale. Per le fonti storiche ufficiali, infatti, il primo pontefice di origine germanica della storia di Roma, figlio del conte Ottone di Worms, nacque in Carinzia e fu eletto papa a soli 23 anni, per poi essere espulso durante una rivolta che portò quindi al soglio pontificio papa Filagato, fino ad allora vescovo di Piacenza. 

Oggi Emilia Misteriosa, oltre a presentarvi la storia e le leggende, in gran parte sconosciute, e ricche di fascino di questa villa, è in grado anche di mostrarvi le immagini, sia degli esterni che quelle inedite degli interni. Per questo si deve ringraziare il proprietario Stefano Agazzi che, con grande disponibilità e cortesia, ha concesso tutto questo. 








FONTI SITOGRAFICHE








SI RINGRAZIA IL SIGNOR STEFANO AGAZZI PER AVERCI APERTO LE PORTE DELLA SUA PROPRIETA’ E PER TUTTE LE NOTIZIE FORNITE. SENZA LA SUA FONDAMENTALE COLLABORAZIONE QUESTO SERVIZIO NON SAREBBE MAI STATO REALIZZATO.

PER L’USO DELLE FOTO E’ NECESSARIO CONTATTARE L’AUTORE PAOLO PANNI E L’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA