28 maggio 2015

TRA STRAGI E CONGIURE, TORTURE E LEGGENDE AL CASTELLO SALSESE DELLA GALLINELLA


di Paolo Panni



Oltre mille anni di storia accompagnano il castello della Gallinella, uno dei più antichi e rilevanti insediamenti militari ed economici del territorio della Val Stirone, con ogni probabilità edificato su una remota Via del Sale. 

Del maniero, posto a due passi da Contignaco, non rimangono che pochi ruderi, quasi introvabili, posti su un colle e “nascosti” dalla fitta boscaglia. Resti di antiche mura che, senz’altro, meriterebbero di essere salvate e valorizzate, per mantenere viva la storia del glorioso, movimentato passato di questo poderoso edificio. Al quale Roberto Mancuso, appassionato studioso e cultore di storia locale, un innamorato del suo territorio (e ce ne vorrebbero) ha recentemente dedicato una interessante monografia dal titolo “Il castello che non c’è. Storia del castello salsese La Gallinella”, frutto delle sue continue ricerche e di un appassionato approfondimento tra le pagine di una corposa documentazione bibliografica. 

Occupandoci, su questo sito, di misteri, dobbiamo evidenziare che su questo “capitolo” c’è materiale da vendere. Una volta tanto non si è di fronte a nomi e cognomi di ipotetici spiriti (o fantasmi) che si aggirerebbero fra i resti delle sue mura e non sono nemmeno state condotte, sul posto, indagini o sopralluoghi che abbiano fatto emergere anomalie. Ci si limita a prendere atto di quanto narrato da chi vive nei dintorni (e da chi ci si è trovato a vivere) che in più occasioni ha affermato di aver udito lugubri lamenti, inquietanti rumori e di aver visto strane luci. Come sempre fantasia e realtà si fondono e, secondo lo stile della nostra associazione, non si esprime alcun giudizio su questi fatti di cui si vocifera. 

Scavando però tra le pieghe della storia, che in questo caso è assai corposa, ecco emergere episodi sinistri ed inquietanti riguardanti questo antico maniero, nel corso dei secoli teatro di omicidi, torture e congiure. Anche per il fatto di essere stato di proprietà di nobili che, nel corso della loro esistenza, si sono macchiati di efferati delitti e, in qualche caso, ne sono anche stati vittime. 

Partendo dalla denominazione, “Gallinella” appunto, ecco emergere il primo mistero. Quale il motivo di questo nome? Probabile che derivi da terminologie legate al popolo gallico che, in passato, abitava queste zone. Un’altra ipotesi decisamente fantasiosa, da ascrivere probabilmente al mondo della leggenda popolare, è quella di una “dedica” ad una moglie di un Pallavicino chiamata “gallinella”, forse per il suo modo di atteggiarsi. Il castello, fondato da Adalberto Pallavicino, figlio primogenito di Oberto, ebbe tra i suoi signori anche Oberto VII Pallavicino Il Grande, vicario imperiale della Lombardia e della Lunigiana, morto, dopo essere caduto in disgrazia, nel 1269 nel castello di Gusaliggio di Valmozzola. Feroce avversario dei Guelfi, nemico dichiarato di Dio (nonostante i ripetuti solleciti, anche di un monaco, non volle mai saperne di pentirsi), fedele al casato Svevo, dopo il declino di quest’ultimo si ritirò proprio nel castello, da lui fondato, a Gusaliggio dove morì, vecchio, abbandonato e arrabbiato, l’8 maggio 1269. Come si può desumere in un precedente articolo dedicato alla Rocca di Gusaliggio (finita, come la Gallinella, in un cumulo di ruderi), si dice che l’8 maggio di ogni anno, per l’anniversario della morte, lo spirito di Oberto VII si faccia sentire tra i resti del maniero di Gusaliggio. 

La Gallinella fu al centro di lunghe contese e passaggi di proprietà. Fu dei De Lupis (diventati poi Meli Lupi), dei Petroni e poi, ancora, dei Pallavicino. Imponente maniero di confine, nel 1427 su al centro di una improvvisa, terribile strage. Venne infatti assediata dalle milizie della famiglia Sommi di Cremona e, memorie alla mano, in quell’occasione (ancora oggi ricordata come “la strage della Gallinella”) ci furono parecchi morti. 

Appartenne anche a Niccolò Pallavicino e, per diversi anni, anche ad uno dei più insigni protagonisti del medioevo italiano, il grande condottiero umbro Niccolò Piccinino, tra l’altro raffigurato nel celebre affresco dedicato alla “Battaglia di Anghiari” di Leonardo Da Vinci. Sepolto nel Duomo di Milano, Niccolò Piccinino si macchiò naturalmente di diversi fatti di sangue, compresa l’uccisione della moglie Gabriella Da Sesto, in quanto accusata di adulterio. Altro proprietario della Gallinella fu Rolando Pallavicino, accusato di numerosi soprusi e angherie, arrestato insieme alla figlia (e ad altre sette persone) nel 1599 dal capitano Massimiliano Scuttelari e dalle sue truppe (tutti furono imprigionati a Parma su provvedimento di Ranuccio I Farnese). A quel punto il castello venne confiscato dalla Camera Ducale e affidato all’antica e potente famiglia gentilizia piacentina dei Paveri Fontana. Qualche decennio più tardi fu di nuovo dei Pallavicino, e in particolare di Alessandro, ucciso nel 1654, all’età di appena 24 anni, per una questione di interessi, dall’arciprete della vicina pieve di San Giovanni in Contignaco. Secondo quanto riferito dalla storia l’arciprete in questione era don Claudio Dellaguardata e qui ecco emergere un altro mistero perché i conti non tornano. Infatti stando alla cronologia dei parroci di Contignaco pubblicata sull’ “Enciclopedia Diocesana Fidentina”, don Dellaguardata morì nel 1630: come avrebbe potuto allora uccidere il Pallavicino nel 1654? Anno, quest’ultimo, in cui era invece arciprete don Angelo Maria Lamberti, il primo di quattro sacerdoti Lamberti che si avvicendarono alla guida della parrocchia fino al 1780. Dopo don Angelo Maria Lamberti ci furono due don Lorenzo Lamberti e, infine, di nuovo, un don Angelo Maria Lamberti. Tutti nel giro di circa 150 anni. E’ lecito supporre, ma non ne abbiamo le prove, che qualcosa in questa cronologia di parroci non quadri. Fatto sta che il marchese Alessandro, figlio di Rolando e di Margherita Malaspina, è l’ultimo dei Pallavicino, dopo seicento anni, a possedere il castello della Gallinella. In seguito alla sua morte fu seppellito nella vecchia chiesa della vicina San Vittore da dove, si dice, reclami ancora oggi i suoi diritti sulla zona. 

Il maniero passò di nuovo alla Camera Ducale e, per pochi decenni, fu della famiglia Santi e, quindi, del Podestà Bernardini (nel XVIII secolo), padre di Giandomenico Romagnosi. Appartenne anche al conte Cesare Ventura, primo ministro di Parma dal 1789 al 1800. Nel 1807 (quando su provvedimento napoleonico fu soppresso il titolo di feudo) ne era invece proprietario il conte Giovambattista Ventura, uno dei fondatori del Nuovo Ordine dei Cavalieri Templari. Morì, il Ventura, nel 1826, anno in cui il maniero era già disabitato e in stato di incuria. Da lì iniziarono i primi abbattimenti, con parti murarie e affreschi che vennero portati nella vicina pieve di San Giovanni. Pieve che conserva anche una tela seicentesca raffigurante la Madonna col Bambino e i Santi Sebastiano e Agnese, proveniente dallo scomparso oratorio della Gallinella, chiuso definitivamente nel 1744. 

Importanti demolizioni ci furono nel 1828 e negli anni Settanta del Novecento quando, sul colle della Gallinella, venne avviata un’attività estrattiva che ebbe anche uno strascino giudiziario non indifferente. Il colle fu anche al centro anche dei combattimenti tra partigiani e truppe tedesche sul finire del secondo conflitto bellico. Nuove violenze e nuovo sangue, dunque, dopo la strage del 1427. 

Tornando ai Pallavicino, uno dei proprietari fu anche il marchese Francesco, signore di Scipione, colui che insieme al cugino Niccolò, nel 1374 tramò e diede vita ad una sanguinosa congiura ai danni dello zio Giacomo, signore di Bargone. I due cugini si fecero invitare, a Bargone appunto, per un banchetto al termine del quale Francesco sfoderò la spada ed il pacifico zio Giacomo morì decapitato. Ci furono altri morti e altre violenze (anche ai danni di donne) in quella occasione. Fu “risparmiato”, si fa per dire, solo Jacopo, capitano delle guardie di Bargone, trasportato e torturato con ferri roventi al castello della Gallinella col fine, da parte di Francesco, di farsi dire dove erano nascosti i documenti dello zio Giacomo. Francesco Pallavicino, dopo quei fatti, non rispettò i patti col cugino Niccolò e si stabilì tra le mura del maniero di Bargone dove, un paio di anni più tardi, fu trovato morto, bocconi, sul letto con gli occhi sbarrati. Una morte misteriosa che non ha mai trovato una spiegazione. Secondo la leggenda gli potrebbe essere comparso lo spettro dello zio decapitato oppure potrebbe essere stato avvelenato dal cugino Niccolò. Ma le morti misteriose ed i fatti cruenti non finiscono qui, visto che lo stesso Niccolò e la moglie, Maria Attendolo, sempre a Bargone vennero trovati misteriosamente morti qualche anno dopo. Tra i documenti dell’archivio parrocchiale ne spicca anche uno in cui si legge che nel 1557, essendo feudatario il tiranno marchese Francesco Pallavicino, “si ebbe una grande lite coi sudditi e si fecero processi gravissimi”. 

A Salsomaggiore, Francesco morì nel 1581 e a Gallinella gli succedette il figlio Rolando che, dalla moglie Margherita Malaspina, tra il 1575 e il 1594 ebbe qualcosa come quindici figli, tutti battezzati nell’orario dei santi Fabiano e Sebastiano in Gallinella. I loro nomi erano: Susanna; Caterina; Splendiano; Giovanni Francesco, Giulio Cesare, Galeazzo Pirro (questi ultimi tre erano gemelli); Susanna Teodolinda; Belisario, Zenobia; Francesco; Galeazzo; Artemisia; Belisario Giulio Cesare; Alessandro Sforza e Caterina. L’area della Gallinella, probabilmente “casa” per un certo periodo anche dell’eremita Rolando (Orlando) dè Medici, anacoreta che visse per 26 anni proprio nei boschi fra Tabiano e Salsomaggiore (morendo nel 1386), e del probabile passaggio di Dante Alighieri (gli Aldighieri, nome originario della famiglia alla quale chiaramente apparteneva Dante, erano proprietari del vicino castello di Contignaco) , è oggi caratterizzata da una fitta boscaglia, all’interno della quale rimangono, come anticipato, i pochi, poveri ruderi del glorioso, antico castello. Tra i resti anche quelli di un’ampia cisterna per la raccolta dell’acqua, Si dice vi fosse anche un pozzo dei tagli, cosa di cui si parla in una miriade di antichi castelli e borghi e di cui, quasi mai, si è trovata traccia e quindi lasciamo questa ipotesi, più che mai, nella sfera della leggenda. Passando invece a quella della storia si può ricordare che a livello civile ed amministrativo, Contignaco e Gallinella costituirono sempre, in passato, due distinte località come emerge anche nel decreto 19 giugno 1820 della granduchessa Maria Luigia d’Austria, che ne confermava la dipendenza, quali frazioni, del Comune di Salsomaggiore, eretto, in base ai nuovi ordinamenti introdotti da napoleone, il 15 giugno 1814. Successivamente Gallinella scomparve come frazione, assorbita da Contignaco.


FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE

T.Marcheselli, “Fantasmi e leggende dei castelli Parmensi”, Umberto Nicoli Editore

R.Mancuso, “Il Castello che non c’è. Storia del castello salsese La Gallinella”, Pro loco Salsomaggiore e Associazione Cartoline da Salsomaggiore, 2015. 

M.Calidoni, M.C. Basteri, G.Bottazzi, C.Rapetti, S.Rossi, M.Fallini, “Castelli e Borghi. Alla ricerca dei luoghi del Medioevo a Parma e nel suo territorio”, Mup Editore, 2009. 

G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, quinta edizione 1997

G.Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia s.c.r.l., 2012

D.Soresina, “Enciclopedia Diocesana Fidentina. Vol. III. Le Parrocchie I Parroci Le Chiese”, Agraf 1979

D.Soresina, “Enciclopedia Diocesana Fidentina. Vol.II Città e paesi”, Agraf 1974









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21 maggio 2015

IL MISTERIOSO QUADRILATERO DELLA VAL STIRONE: TRA MIRACOLI MARIANI E SEGNI DEL DIAVOLO


di Paolo Panni




La Val Stirone è terra ricca di fascino, leggende e misteri. Tra borghi ameni, case di pietra, resti di castelli fortezze, antichi oratori, al confine tra le province di Parma e Piacenza, misteri e leggende sembrano trovare “terreno fertile”, affondando le loro “radici” nella ricca, gloriosa storia di questo territorio. A pochi chilometri da Salsomaggiore Terme, in comune di Pellegrino Parmense, esiste un “quadrilatero” che, tra Grotta, Pietra Nera, Aione e Casaleno o Casalino (piccole località che, messe assieme, non contano che qualche decina di abitanti) cela una serie di affascinanti misteri, tra grazie mariane e “segni” diabolici. Una specie di eterna lotta tra il bene e il male che si manifesta nella natura e nell’ambiente, nella storia e nelle memorie locali. 

Nel verde vallone tra Grotta e Aione, anche all’occhio del visitatore più distratto, non può sfuggire la vista dei resti di un antico fortilizio. Non sono che poveri ruderi circondati dal bosco che resistono, fieri, al trascorrere dei secoli, quasi a voler testimoniare tenacemente la storia di questo territorio mantenendo viva la memoria di antiche popolazioni che vi trascorsero la loro esistenza, tra contese e duro lavoro. Tra storici e semplici appassionati emerge, da subito, non appena si tenta di approfondire un po’ la storia, una netta divisione, tra chi ritiene che quei ruderi siano quelli del castello di Grotta e chi, invece, è del parere che quella sia solo una torre d’avvistamento e che il castello, andato completamente distrutto, fosse in realtà da un’altra parte. Difficile, forse impossibile, trovare una risposta che metta d’accordo tutti. Anche perché, testi e memorie alla mano, le notizie storiche su questo vetusto luogo, sono decisamente poche. 

E’ conosciuto anche come “Torre dei Marchesi” e, con assoluta probabilità, pare sia appartenuto dapprima ai marchesi Pallavicino della vicina Scipione e, poi, ai marchesi Della Torre di Verona e agli Sforza Fogliani. Era, facilmente, parte integrante di uno scacchiere difensivo voluto dalla nobile famiglia Pallavicino in Val Stirone, con ogni probabilità abitato (solo da truppe militari o anche da membri della famiglia Pallavicino o da altre famiglie importanti della zona?). Oggi, oltre alla torre, si possono notare alcuni locali interrati, con feritoie, i resti di una cisterna (e forse di un magazzino in cui venivano ovviamente conservate le provviste) ma è certo che il luogo era arricchito anche dalla presenza di un oratorio di cui resta la traccia più evidente e significativa a poche centinaia di metri. 

Infatti nella località di Casaleno (o Casalino), un borgo che arriva forse a dieci abitanti, varcata la soglia della graziosa, quattrocentesca chiesetta dedicata a san Pietro Apostolo, si trova la statua lignea, trecentesca, della Madonna del Buon Consiglio. Un simulacro al quale i fedeli di tutta la zona sono molto legati e che in origine si trovava proprio nell’oratorio della “Torre dei Marchesi”. Particolare meritevole di essere evidenziato è quello della collana di anelli in oro rosso posta al collo della Vergine. 

Un monile di semplice fattura e di scarso valore economico, ma di grande rilievo affettivo. Infatti ogni anello è un dono fatto alla Madonna da parte di gente umile e povera che abitava in passato quelle zone, in segno di riconoscente gratitudine per le grazie ricevute. Casaleno è un luogo immerso in una pace profonda, costituito da un gruppo di case in pietra (diverse ridotte ormai a ruderi), collegate tra loro da piccole vie ciottolose. Al centro la “Casa della Madonnina”, come viene definita dagli abitanti dell’amena borgata. Ogni anno, in data 26 aprile, e sempre con una significativa affluenza di fedeli, la venerata statua viene portata in processione tra quelle semplici stradine di montagna. Una processione che rinnova un rito, identico che, come dimostrano le memorie locali, si svolgeva già nella vecchia chiesa della “Torre dei Marchesi”, in pieno medioevo. Una processione che, quindi, ha almeno sette secoli di storia alle spalle e si svolgeva in un luogo che era un punto di riferimento difensivo e religioso per tutti gli abitanti di Grotta, Aione, Pietra Nera e Casaleno. 


I fedeli, stando a quanto ancora oggi viene narrato, raggiungevano a piedi la scomparsa chiesetta, avventurandosi tra sentieri fangosi, invocando l’aiuto e il conforto della Beata Vergine. Quando la solidità e la sicurezza del complesso fortificato e dell’annessa chiesetta iniziarono a venir meno, la statua fu appunto trasportata nella località più vicina, a Casaleno e, da allora, viene custodita molto gelosamente tra le mura del grazioso oratorio, avvolta in vesti pregiate. La Vergine, coronata, è rappresentata col Bambino (anche Lui coronato) in braccio come accade regolarmente in tutte le immagini della Madonna del Buon Consiglio. Titolo, quest’ultimo, molto popolare e di antica origine. Che si propagò dopo il ritrovamento avvenuto, il 25 aprile 1467, nel santuario di Genazzano di una antica immagine della Madonna col Bambino. I motivi di questo titolo “del Buon Consiglio” sono esposti nel decreto “Ex quo Beatissima Vergine” del 22 aprile 1903, al tempo di papa Leone XIII. Ignoti e misteriosi i motivi per cui, nel “cuore” della Val Stirone, venne scelto il titolo di “Beata Vergine del Buon Consiglio” ma significativo è questo legame che, la gente del posto, ha verso l’antico simulacro ligneo. Legame motivato, soprattutto, dal fatto che diverse grazie sono attribuite alla Beata Vergine, ancora oggi “ricordate” negli “ex voto” custoditi sull’abside dello storico oratorio di Casaleno. Grazie avvenute nel corso dei secoli, probabilmente già all’epoca in cui la Torre dei Marchesi viveva i suoi “momenti migliori”. Torre che, con la sua leggiadra presenza, continua ad essere testimone di tante vicende umane, custodite anche dalla terra. E’ infatti certo che, attorno allo scomparso oratorio, vi siano anche diverse sepolture, oggi appunto coperte dal bosco e dai rovi. Che siano dovuti a quelle dimenticate tombe i lugubri lamenti ed alcune improvvise luci che, secondo alcune testimonianze popolari, talvolta si notano e si odono provenire dal bosco? Solo frutto dell’umana immaginazione o qualcosa di più? Anche in questo caso il mistero resta e si fa fitto. 

Tornando alla Beata Vergine del Buon Consiglio, pare che le grazie mariane non si fermino qui. Infatti, tra i misteri che riguardano la località di Grotta (il centro più popoloso di questo fazzoletto di collina) spicca un probabile miracolo mariano che sarebbe avvenuto immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. Ancora oggi ricordato dai più anziani della frazione: persone di fede che, parlando del loro borgo e della loro parrocchia, accennando a quel probabile miracolo non dimenticano di ricordare, puntualmente, anche la figura di don Giuseppe Carpena, storico parroco morto in odore di santità, il cui simulacro svetta ancora oggi, in segno di riconoscenza, di fronte al cimitero della borgata. Siamo, del resto, ad ormai pochi chilometri dal santuario di Careno, sempre in territorio di Pellegrino, altro luogo al centro di grazie e miracoli attribuiti alla Beata Vergine. 

Ma, tra possibili grazie e vicende coperte dal mistero, non si può dimenticare il “trono del diavolo”, come viene definito, che svetta in località Pietra Nera, sempre a poca distanza dalla Torre dei Marchesi. Per una curiosa conformazione dell’oscura conformazione ofiolitica che sorge ridosso della borgata (e spesso meta di appassionati della montagna, ecco appunto che sembra di trovarsi di fronte ad una grande sedia, o a un trono. Definito “appunto” del diavolo. Un luogo al centro, tra l’altro, di una cruenta battaglia avvenuta, il 12 ottobre 1944, tra partigiani e truppe tedesche, nel corso della quale perse la vita il giovane salsese Adriano Biolzi detto “Kira” mentre un altro partigiano salsese, Carlo Dotti detto “Fiuren” rimase ferito. Tra leggende e memorie popolari, anche il “trono del diavolo” è luogo misterioso, ma anche ricco di fascino (si dice, addirittura, che anche i fiori qui cambino colore, ma è chiaramente una voce che non trova dimostrazioni visibili), sormontato sulla cima del colle, da una croce quasi a voler “tenere a bada” l’azione degli inferi ed a voler continuare, anche tra questi verdi colli della Val Stirone, l’eterna lotta tra il bene e il male. 




FONTI BIBLIOGFRAFICHE E SITOGRAFICHE


G.Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia scrl, 2012

G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore 1997

It.wikipedia.org





LE FOTO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA. PER UN LORO UTILIZZO E’ NECESSARIA L’AUTORIZZAZIONE.  

14 maggio 2015

«I giardini fioriti dell’anima», un libro che parla al cuore




Sensitiva ufficiale di Emilia Misteriosa, Gloriana Astolfi ha pubblicato di recente il suo primo libro – in formato e-book e presto anche cartaceo – dove raccoglie parte delle canalizzazioni ricevute e trascritte in tanti anni di attività. Il modo migliore per presentarlo? Un’intervista.


Raccontaci com’è nato «I giardini fioriti dell’anima»...

«Non è mai stata mia intenzione scrivere un libro: non sono una scrittrice. Un libro ha una trama, dei personaggi, un inizio e una conclusione; qualcosa di scaturito dalla mente creativa di una persona che segue la traccia di un’idea iniziale e poi la mette per iscritto. Niente di tutto questo per quanto mi riguarda: “non è farina del mio sacco” sono solita dire.
Fin da piccola avevo, più o meno consapevolmente, percezioni extrasensoriali, sogni premonitori, sentivo voci incorporee. Sono sempre stata attratta da tutto ciò che appartiene ai piani sottili e spirituali, eccetto un lungo periodo della mia vita in cui mi ritenevo atea. Ormai adulta ho seguito seminari di Cristalloterapia, meditazione guidata, Reiki sistema Usui, conseguendo il master di quest’ultimo. Diversi anni fa mi sono iscritta a un corso condotto da un mio amico sciamano che aveva come obiettivo di creare un contatto con la propria Guida interiore. È stato proprio durante quel seminario che improvvisamente ho iniziato a scrivere sotto una spinta incontrollabile, ma solo dopo aver letto alla fine il contenuto mi sono resa conto che stavo canalizzando le parole e l’energia di una Guida Spirituale. E ho continuato per anni: Lui detta e io scrivo e continuo a farlo ancora. Già dal primo contatto mi ha chiesto di portare i messaggi a tutti coloro che desiderano ascoltare “Affinché l'Opera dell'Uomo possa essere compiuta”. E io ho accolto la sua richiesta. Ecco l’idea di raccogliere il materiale in un libro».


Cos’è la “canalizzazione”, o per dirla all’inglese, il “channeling”?

«Nella parola stessa sta il significato: channel, canale. Le persone come me, e siamo in tanti, diventano mezzi di trasmissione utilizzati dalle Guide Spirituali per portare messaggi, risposte, conforto, consigli. Bisogna essere molto in equilibrio perché il rischio è di cadere nel mentale o nell’ego, cioè di dire o scrivere cose che sono prodotte unicamente dalla nostra mente e che attribuiamo alle Energie più alte. Personalmente preferisco canalizzare di sera dove è più facile raggiungere lo spazio del silenzio interiore e rimanere collegati al cuore, al quarto chakra, sede dell’Amore incondizionato e centro del nostro equilibrio energetico».


Che differenza c’è fra comunicare con il proprio Sé superiore e canalizzare le Guide Spirituali?

«Per molti canalizzatori non c’è differenza in quanto è tutto collegato. Ma la mia esperienza personale è questa: se “parlo” con il mio Sé superiore, la sensazione fisica è che un’energia salga dal mio interno più profondo e arrivi alla gola, ma se mi collego con la mia Guida l’Energia arriva da fuori, dall’alto, al di sopra della mia testa per poi scendere dentro di me».


Ti chiedo un parere: secondo te, perché negli U.S.A. i canalizzatori sono così seguiti e famosi mentre qui in Italia si tratta di un fenomeno di nicchia?

«Bella domanda! Sicuramente gli americani sono più aperti nell’accettare questo tipo di fenomenologia e le cose innovative. Il mio parere è che in generale, nella loro personalità, l’aspetto del bambino interiore sia molto accentuato e più manifesto del nostro. E si sa, il bambino è curioso, non ha pregiudizi, va in fiducia, anche se a volte questo può essere un rischio.
Prendiamo per esempio il Counseling e i suoi vari indirizzi: in America è nato ufficialmente alla fine degli anni Cinquanta con la psicologia umanistica (Abraham Maslow, Rollo May, Carl Rogers ne sono i principali esponenti). In Europa, in particolare in Gran Bretagna, è arrivato negli anni Settanta, in Italia, in sordina, negli anni Ottanta e inizia a diffondersi negli anni Novanta. Solo nel febbraio del 2013 viene legalmente riconosciuto come “Professione d’aiuto”. Beh, meglio tardi che mai! Siamo ancora molto attaccati alle tradizioni e un po’ refrattari a tutto ciò che viene ritenuto innovativo, e questo purtroppo limita la nostra visuale impedendoci di espandere la nostra visione».


A chi consigli la lettura del tuo libro?

«Ritengo che tutti possano leggere I Giardini Fioriti dell’Anima. Non è necessario essere credenti o spirituali in quanto gli argomenti trattati appartengono a tutti e le tematiche sono universali. Inoltre il linguaggio è semplice, perché solo la semplicità arriva al cuore e il cuore comprende tutto. A volte la Guida si esprime attraverso racconti o parabole e lo fa sempre con estrema amorevolezza. Molti brani trasmettono serenità, pace e speranza: sensazioni preziose in questi tempi difficili e caotici».

G. B.


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3 maggio 2015

EMILIA MISTERIOSA E LEGENDS INVESTIGATIONS AL “CASTELLO DELLA MUSICA” DI NOCETO




Per la prima volta nella sua plurisecolare e “movimentata” storia la Rocca di Noceto, oggi definita “Castello della Musica” (visto che da dieci anni esatti ospita il Museo del disco antico, la collezione della liuteria parmense e la Scuola internazionale di liuteria del maestro Renato Scrollavezza) è stata al centro di una indagine paranormale compiuta dalla nostra associazione e dagli amici del gruppo Legends Investigations (con i quali solo qualche settimana prima si è indagato nel Castello di Soncino). 

Consapevoli e convinti, come accaduto per tutte le altre precedenti ed analoghe attività, della valenza delle collaborazioni tra gruppi, si sono “analizzati” i vari ambienti dell’antico maniero parmense, che svetta nel “cuore” del popoloso borgo di Noceto. 

Persone che hanno lavorato e tuttora lavorano al suo interno, nel corso degli incontri preliminari, ci hanno parlato diffusamente di situazioni anomale che, da tempo, si manifesterebbero tra le sale della rocca. Musiche e suoni improvvisi, rumori ingiustificati, stridori di oggetti in ferro, ripetute sensazioni di evidente disagio: in breve sono queste le situazioni di cui ci è stato parlato e che ci hanno indotto a approfondire la cosa. Andando, ancora una volta, alla ricerca, appunto, di anomalie e fatti singolari, scavando nella storia del castello, ascoltando le testimonianze di coloro che lo frequentano abitualmente e mettendo “sul campo” la nostra esperienza. Come sempre si sono utilizzate diverse strumentazioni, da quelle tecnologiche ad altre forse più rudimentali ma in grado di fornire elementi utili alla ricerca, avvalendoci anche dell’esperienza di persone sensitive che ringraziamo per la disponibilità dimostrata. Fatti anche esperimenti di metavisione grazie all’intervento dei Legends Investigations. 






D’obbligo poche parole sulla lunga storia della Rocca. Documenti alla mano si parla per la prima volta di un fortilizio, a Noceto, nel 1266. Al centro di ripetute battaglie e contese, il maniero subì distruzioni e ricostruzioni ed appartenne a diverse ed importanti famiglie nobili Parmensi. In particolare, per diversi secoli (e in più occasioni) fu dei Sanvitale. Ma fu anche di proprietà dei Pallavicino, dei Rossi e dei Dalla Rosa. L’impianto attuale lo si deve al nobile condottiero Pier Maria Rossi (che lo fece anche raffigurare nella celebre Camera d’oro del Castello di Torrechiara) mentre la proprietà è, da tempo, del Comune. 


Il luogo ha subito, nel corso del tempo, notevoli mutamenti nelle sale e nei corridoi interni; fu sede di prigioni e durante la seconda guerra mondiale ospitò truppe militari. 

Da sempre si parla di un possibile legame con i “Muroni” di Sanguinaro. Luogo, quest’ultimo, dove esisteva un antico castello longobardo (di cui restano pochissime povere tracce), teatro della Battaglia di Legnano del 1176. In quel luogo, già “indagato” della nostra associazione, si narra da sempre della presenza di spiriti di guerrieri e, secondo la leggenda popolare, molti di questi vagherebbero anche tra le mura della Rocca di Noceto e negli attigui giardini. Si parla anche della presenza di un possibile sotterraneo che collega i due castelli, ma ad oggi sembra non esserne mai stata trovata traccia. 

Venendo all’indagine realizzata, la prima di una serie di approfondimenti che saranno effettuati anche prossimamente sul posto, si può affermare che alcuni di noi hanno provato sensazioni di disagio ed avvertito strani rumori in alcuni ambienti del maniero. Ma, in linea con la cautela e la prudenza che ci hanno sempre contraddistinto, non ci possono certo bastare queste situazioni per parlare di fatti inspiegabili. Si può però affermare che il luogo, anche per la storia che lo contraddistingue, è interessante a livello paranormale. All’indagine hanno partecipato come ospiti l’assessore comunale Antonio Verderi (anche in qualità di esperto di storia della Rocca), Simonetta Checchia, collaboratrice del Comune per la direzione organizzativa del Castello e la fotografa Elisa Morabito (sono sue alcune delle fotografie caricate).




"DURANTE IL CONTROLLO DEL MATERIALE RACCOLTO E' EMERSA UN'INTERESSANTE REGISTRAZIONE AUDIO CHE AL MOMENTO E' IN FASE DI STUDIO DA PARTE DI UN TECNICO AUDIO PROFESSIONISTA. VI TERREMO AGGIORNATI SUI RISULTATI DELL'ANALISI"


Di seguito riportiamo le singole esperienze e impressioni personali dei partecipanti all’indagine:


ALESSANDRO APPIANI
Alcuni dei partecipanti all'indagine hanno provato diverse sensazioni nei locali del Castello.
Disagio, Pesantezza, Rumori, Profumi... ma restano esperienze assolutamente soggettive e non concretamente dimostrabili o associabili a presunti fenomeni paranormali.
Il materiale audio/video/fotografico raccolto dai tecnici e gli strumenti utilizzati durante l'ispezione non hanno evidenziato nessuna irregolarità rilevante.

GLORIANA ASTOLFI (Sensitiva)
Sia nella preindagine che in quella ufficiale, il mio parere é che nella Rocca vi siano presenze appartenenti a epoche diverse: dal Barbarossa a un periodo databile attorno al 1400 per arrivare alla seconda guerra mondiale.
Nella preindagine le sensazioni e le visualizzazioni sono state decisamente più chiare e particolareggiate. Nell' indagine ufficiale, per vari motivi, tra cui il tempo a disposizione veramente minimo, tutto é apparso meno delineato, anche se ho avuto qualche conferma delle percezioni precedenti. Ritengo il luogo estremamente interessante e mi auguro sia possibile tornare per approfondire in condizioni più ottimali

GIOVANNA BRAGADINI (Sensitiva)
Oltre ad alcuni rumori percepiti in fase di posizionamento degli strumenti, l’esperienza più interessante è stato un profumo di fiori che mi ha accolta all’uscita da una stanza dove io, Gloriana Astolfi e un ospite abbiamo percepito una presenza maschile – probabilmente un musicista. È stato come se qualcuno ci avesse porto un bouquet in segno di saluto e ringraziamento.

ERIKA CATELLANI (Sensitiva)
Quando sono entrata nella torre ho subito avvertito un'atmosfera molto pesante che salendo si è attutita. Una volta che ho iniziato a girare per la torre ho trovato alcune stanze pesanti, causate sicuramente da alcune presenze maschili. L'unica cosa da segnalare è l'aver udito alle mi spalle la voce di una donna mentre percorrevo il corridoio dall'ascensore alla stanza dove avevamo lasciato le borse. Non ho capito quello che mi diceva, ma non ho avvertito paura a dolore. Sembrava una voce tranquilla e serena che voleva attirare la mia attenzione. Per il resto sono state solo sensazioni di disagio.
Il cortile, dove si presume ci siano sepolti dei corpi, non mi ha dato alcuna sensazione particolare. Sicuramente nel castello ci sono ancora stanze da scoprire, nascoste da muri o pavimenti. 
In alcune stanze ho come avvertito una sensazione di "vuoto".

PAOLO PANNI
Personalmente ho avvertito sensazioni di disagio ed un intenso mal di testa lungo alcune porzioni di scale ed in alcuni degli ambienti al piano terra del castello. Le fotografie realizzate sul posto non hanno invece fatto emergere alcunché di particolare o di anomalo.

CARLO BERNACCHI (Legends Investigations)
Arrivato al Castello di Noceto e dopo aver fatto un primo sopralluogo con tutto il gruppo di indagine nei vari locali e scale ho provato alcune sensazioni “strane” di pesantezza e mal di testa nella piazzetta del mezzanino.
Iniziata l’indagine mi sono occupato di riprendere le zone interessate utilizzando una video camera agli infrarossi.
Dall’analisi del filmato della durata di circa 60 minuti non è emerso nulla di particolare degno di nota.
Unico particolare che, probabilmente è da attribuirsi ad un problema tecnico, è quello che un rilevatore di movimento, non ancora messo in funzione, si è acceso da solo ed è entrato in allarme suonando.

EVA REBECCHI: (Legends Investigations)
E' stata eseguita una sessione di metavisione, con la tecnica Scheiber, nel locale della musica, senza ottenere risultati rilevanti.
Sono state quindi ispezionate le seguenti stanze: le ex prigioni, il mezzanino, la scala a chiocciola e la stanza dei liutai, dove sono state effettuate sessioni di EVP e rilevazioni di campi elettromagnetici.
Durante la pausa-cena sono state poste due scout camera nel locale della musica e sulla scala a chiocciola, dove è stato posto anche un registratore digitale.
Gli strumenti e le foto effettuate non hanno dato alcun esito di origine anomala.


Si ringraziano il Comune di Noceto, l’assessore Antonio Verderi e i gestori del Castello per la disponibilità manifestata e per avere reso possibile l’indagine.