22 marzo 2013

METEORITE SU FIDENZA - "STORIE DA UNA SCATOLA DI SASSI"


di Davie Persico





Il giorno 19 Aprile 1808 a Borgo San Donnino, antico nome di Fidenza, cittadina in provincia di Parma, il mezzogiorno venne stravolto da due fortissime detonazioni.




Nel documento originale redatto dal Giovanni Battista Guidotti, Professore di Chimica e di Storia Naturale dell’Università di Parma [Memoria fisico-chimica sulle pietre cadute dall’atmosfera nel circondario di Borgo-San-Donnino, 1808. Documento conservato presso la Biblioteca del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Parma (Inv. Ric. Gb1, N. G2/538)] , egli afferma:

”Il desiderio di avere una Storia esatta dell’accaduto, e di dare un testimonio alle scienze della sua Protezione, determinò il Signor Amministratore Prefetto ad invitarmi a passare sui luoghi dove cadute erano tali pietre, a raccogliere dalla bocca di quegli abitanti le circostanze dell’avvenuto, a tesserne la storia, e ad istituire la necessaria, ed indispensabile Analisi della Pietra.
Mi recai dunque li il 5 dello scorso Maggio, colla compagnia del Sig. Prof. Sgagnoni, nelle Ville di Cella-di-Costamezzana, Pieve-di-Cusignano, e Varano-dè-Marchesi, che al Sud-Est si trovano di Borgo-San-Donnino. Le prime due sono distanti da esso Borgo circa 12 Kilometri, e Varano pressochè quindici; e tra loro formano un triangolo, che gira di circuito nove Kilometri, o in quel torno.
Le persone che a Cella da me vennero a questo proposito esaminate, furono il sig. Don Pietro Fedeli Cappellano di detta Villa; Michele Grassani che dissotterrò una delle Pietre cadute, e che conficcata la trovò nel suolo alla profondità di otto centimetri; ed Alessandro Tanzi della stessa Villa. A Pieve-di-Cusignano interrogai sopra ogni altro Marco Orlandelli, che fu testimonio oculare della caduta di una Pietra, che in seguito estrasse dal terreno, e che era quella che ricevuto aveva il Sig. Amministratore per messo del sig. Sottodelegato di Borgo, una parte della quale è stata in seguito da me sottomessa all’analisi, come vedrassi in appresso. Finalmente raccolsi nella Villa di Varano le deposizioni del sig. D. Antonio Stradoli Cappellano, di Cristoforo Mezzadri possidente, e di molte persone, che ad una voce ripetevano le stesse cose.
Dalle deposizioni concordi adunque delle citate persone chiaro discopersi, che il giorno 19 del passato Aprile, il cielo essendo ammantato da nubi cenerine, rare, e spezzate, per cui tratto tratto ne trapelava il sereno, e l’aria essendo tranquilla, ad un’ora circa dopo il mezzogiorno, d’improvviso, e senza lampi, quegli abitanti sentirono in alto due fragorosi scoppj, che rassomigliarono due forti spari di cannone. A questi tennero dietro una serie continuata di colpi, siccome una scarica di mortaretti, per la durata di un minuto o poco più, e che in continuando si fecero più frequenti. Successe a questi un rumor cupo, che da molti fu paragonato ad una rapida corrente di aria, o a quella specie di muggito, che mette un cammino in fiamme, e che durò tre o quattro minuti. Nel tempo di quest’ultimo rumore caddero le Pietre, e in cadendo producevano un fischio nell’aria simile a quello di un sasso scagliato dalla fionda, che alla vista degli spettatori sembravano striscie di fumo, le quali da molti furono a prima giunta credute folgori.
Il resto della giornata continuò il medesimo nuvolato, senz’alcun altro fenomeno, o cangiamento.
Gli abitanti di Varano assicurano che nella loro Villa è caduto il maggior numero di pietre che altrove, benchè malgrado l’averne ricercato non ne abbiano ancora trovato una sola.





Il nominato Michele Grassani, alla distanza di quasi cinque metri dal quale cadde una di tali Pietre, assicurò che nessun odore fu da lui sentito, non vide globo di fumo né di fuoco, e né meno lampi. Lo stesso depose pure Marco Orlandelli, di cui merita riferire le stesse parole; omettendo però il racconto dei fenomeni che precedettero la caduta delle Pietre, perchè appuntino si accorda cogli altri.

= Io lavorava in mezzo ad un campo, detto la Vignabora, in luogo detto Gabiano, posto nei confini della Pieve verso quelli di Varano, dove, alla distanza di circa quaranta passi da me, vidi cadere un corpo della grossezza di un pugno, che mi parve fumo, e vidi a sollevarsi la polvere nel luogo dove cadde. Io lo credei una saetta; e mandai subito mio figlio, che poco distante da me lavorava, a vedere che cosa eravi caduto. Accorse questi, ed introdotta la mano nel foro trovato, sentì scottarsi, e disse che vi era un ferro infuocato. Io allora vi andai colla vanga, e alla profondità di mezzo braccio (che corrisponde al metro a 0,27258 poco più) ritrovai un sasso nero, che era ancor caldo. Io posso assicurare di non aver sentito alcun odore di zolfo; di non aver veduto, globo di fumo o di fuoco, né lampo alcuno.=





Le tre ville nominate di Cella, Pieve e Varano da me esplorate minutamente, non mostrano il benché minimo indizio di nuova apertura o voragine; anzi siccome il sig. Arciprete di Varano aveva deposto nella riferita sua relazione che tra il Castello di Varano, ed il Monte Grolo aveva veduto durante il rumore un denso globo di fumo che si sollevò in aria, e poi scomparve, così io divisai di recarmi, per espiare se pure vi era fenditura, o pietre congeneri, oppure per escludere all’opposto qualunque sospetto di pretesa Vulcaneità. In compagnia adunque del sig. Maire di Medesano, il quale sempre mi fu gentilissimo Duca, mi aggrappai su quelle orride balze, attorniate i fianchi da altissimi precipizj in paurose profondità, dove per tutto fu mestieri quel penosissimo faticare di Dante, quando rampicava per su le scoscese vie di uno de’ più profondi gironi del suo inferno:

“E proseguendo la solinga via
“Fra le schegge, e tra rocchi de lo scoglio,
“Lo piè senza man non lo spedia.

 Ma per quanto io mi studiassi quelle erte rupi, per quanto aguzzassi le ciglia,


“Come vecchio sartor fa nella cruna,
espiando palmo a palmo que’ dintorni sassosi, non mi fu mai dato di rinvenire o fresche aperture, o sostanze bituminose, o piritiche, o ammassi petrosi che relazione avessero alcuna colle Pietre cadute, nè con la parte più notabile dei loro componenti.

Dietro le quali relazioni, che assicurano piucchè abbastanza le circostanze, e la verità del fenomeno, passerò a dare i Caratteri Fisici delle Pietre cadute, i caratteri Chimici e l’Analisi”.

Fotografie di D. Persico (Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra "M. Melloni" - Università degli Studi di Parma).

Il presente saggio è parte integrante del libro “Storie da una scatola di sassi” di Davide Persico

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