7 ottobre 2013

LA ROCCA DI MONTICELLI D’ONGINA E IL SUO FANTASMA



di Paolo Panni








Quella di Monticelli d’Ongina è, senza dubbio, una delle più interessanti rocche della Bassa Piacentina. Come si legge anche sul portale del Comune, si deve la sua struttura attuale a Rolando Pallavicino il Magnifico, che agli inizi del 1400, poco dopo l'acquisizione del feudo di Monticelli, lo volle possente e maestoso nelle forme, adatto a diventare un presidio militare. Alla sua morte la fabbrica, rimasta incompiuta, venne portata a termine dal figlio Carlo, vescovo di Lodi, che la destinò a sua residenza estiva. Nella seconda metà del 1500, con l'estinzione del casato Pallavicino, il feudo passò alla nobile famiglia piacentina dei marchesi Casali, che rimasero signori del luogo fino al tramonto definitivo del sistema feudale. I marchesi Casali abitarono nella Rocca di Monticelli fino al 1957, quando lo storico ed imponente edificio fu acquistato dalla vicina chiesa collegiata di San Lorenzo martire.






La pianta ricalca lo schema classico dei castelli di pianura: quadrangolare con quattro torrioni rotondi agli angoli, sporgenti dalla linea delle cortine. Sporgenti sono pure i due masti incorporati al centro dei fronti orientale e occidentale. I due masti, sormontati da affreschi con lo stemma dei marchesi Casali, creano il collegamento con l'esterno, ognuno con un ponte o ponticelli levatoio, di cui ancora si notano gli stalli, in seguito sostituiti con manufatti in muratura. Nell'androne del mastio orientale (ingresso principale) affiorano le tracce di antichi affreschi, tra cui una Madonna con Bambino del Quattrocento.






Il cortile interno è rettangolare, circondato da un elegante porticato con arcate a tutto sesto, di cui attualmente rimane un solo lato (gli altri portici sono stati chiusi)
Le cantine, un tempo utilizzate come scuderie e magazzini di cibarie, oggi ospitano: il Museo Etnografico de Po, l'Acquario del Po ed il Museo archeologico
Al piano terra, in alcune sale a cui si accede dal porticato del cortile, è invece situato il Museo civico.
Strette e ripide scale a chiocciola portano ai camminamenti di ronda che si sviluppano lungo le cortine, sulle torri e sui masti, coronati da merlatura a coda di rondine. Tra l’altro, al piano superiore del mastio orientale vi è una stanza, anticamente adibita a prigione, sulle cui pareti spiccano ancora i graffiti realizzati dai suoi “ospiti”.





Secondo la tradizione, e questo è uno dei misteri che arricchiscono la storia del maniero, sarebbe anche esistito il “pozzo del taglio”. Dell’esistenza di questi pozzi, come noto a storici ed appassionati del mondo del mistero, si parla in un numero incalcolabile di borghi e castelli. Ma di fatto, ad oggi, poche o nulle sono le tracce che dimostrerebbero la reale esistenza di questi luoghi. Anche per quanto riguarda il “pozzo del taglio” di Monticelli d’Ongina, così come per tanti altri simili di cui si parla tra il parmense ed il piacentino, si dice che al suo interno si trovavano lame infisse a raggiera che accoglievano il corpo del condannato cosicché raggiungesse il fondo a brandelli. Si parla anche di una galleria sotterranea che collegherebbe la Rocca alla chiesa parrocchiale di San Lorenzo per consentire ai castellani un rifugio in un luogo che a quei tempi godeva del privilegio di immunità. Ma anche di questa galleria pare non si sia mai trovata traccia.
Gli appartamenti nobili, posti al primo piano che si raggiunge con un ripido scalone in pietra, conservano alle pareti decorazioni del '700 e soffitti con pregevoli affreschi con allegorie delle stagioni. Nel salone principale il grande affresco del soffitto rappresenta il trionfo del casato Casali. Oggi questi saloni vengono adibiti a mostre d'arte, convegni, rassegne fotografiche, incontri di studio e manifestazioni culturali di vario genere.





D’interesse è la Cappellina di Corte, comunemente detta Cappellina del Bembo (ed alla quale è stato dedicato un interessante volume dato alle stampe nel 1993 e curato da don Adriano Gervasoni), concepita per essere la cappella privata del vescovo Carlo Pallavicino. Autentico gioiello d'arte, racchiude un prezioso ciclo di affreschi del '400 dei pittori Bonifacio e Benedetto Bembo. Il ciclo pittorico comprende figure di angeli, profeti e personaggi dell'epoca, alcuni episodi della vita di San Bassiano da Lodi, l'Ultima Cena, S. Giorgio che uccide il drago, la Vergine Maria con i santi Bernardino da Siena e Bernardo da Chiaravalle, il Calvario con la Crocifissine, l'Annunciazione, la Deposizione dalla Croce, i quattro Evangelisti e un ritratto di monsignor Carlo Pallavicino, umanista e mecenate, a lungo vescovo di Lodi.




Ed anche il maniero di Monticelli, in tema di misteri, ha il suo fantasma. Sarebbe quello di una giovane donna, Giuseppina, assassinata nel 1872 dal un suo pretendente, Giuseppe Modesti, che non accettò il fatto di essere stato rifiutato. L’uomo assassinò la giovane e riuscì a sottrarsi poi alla pena di morte, grazie ad una rocambolesca fuga dalle prigioni di Parma, dove era stato rinchiuso. Finì poi per diventare un ufficiale dell’esercito francese. Secondo quanto si tramanda a Monticelli pare che, in non poche occasioni, dalla gente siano stati avvertiti lugubri lamenti provenire dalle mura della rocca. Lamenti che sono stati subito attribuiti alla ragazza assassinata.



FONTI BIBLIOGRAFICHE S SITOGRAFICHE


C.Artocchini, “Tradizioni popolari piacentine – Vol. IV – La fede, IL Mistero, L’Occulto”. Tep Edizioni d’arte, 2006


 
www.comune.monticelli.pc.it


www.mondimedievali.it





SI PREGA DI SEGNALARE EVENTUALI COPYRIGHE AL FINE DI UNA LORO CANCELLAZIONE O MODIFICA.

LE FOTO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA. PER UN LORO UTILIZZO E’ SUFFICIENTE CITARNE LA FONTE.

3 commenti:

  1. Mio padre (classe 1923) mi raccontava del passaggio dalla rocca alla Colleggiata scoperto accidentalmente scavando il buco nella piazza per piantare il palo centrale di un tendone circense, una volta innalzato il palo lo stesso sprofondò di piu di due metri, tolto il palo si intravedeva i resti di una volta in mattoni ma le autorità ecclesiastiche e locali fecero di tutto per evitare ulteriori " scoperte"

    RispondiElimina
  2. Claudio.
    Da bambino (anni 50 ) ho vissuto molte estati nella Rocca. Mi divertivo ad affacciarmi ad una picolissima finestrina,nel lato posteriore, di sera,per emettere lunghi ululati strazianti. Forse le urla del " fantasma " sentite dai passanti erano le mie!

    RispondiElimina
  3. Claudio.
    Ricordo di aver visto nel 1957, nel torrione di Sud Est, scritte graffite sul muro da prigionieri ivi rinchiusi.
    Una diceva così: "meschin,vado da corpo tanto duro, che per troppo pontar mi brucia il c......"

    RispondiElimina