23 gennaio 2014

“OGGI FORCA”: IMPICCAGIONI E TORTURE A CREMONA TRA XIV E XVIII SECOLO

  
di Michele Scolari 

Fotografie di Paolo Panni

 




Non sono molto note, in città, le vicende che riguardarono le condanne a morte eseguite tra medioevo ed età moderna, compresa una storia, dai toni macabri e misteriosi, legata proprio alle esecuzioni capitali nella nostra città. Stando ad alcune fonti storiche locali, tra le quali Agostino Cavalcabò, nella strettoia compresa tra il Battistero e l’edificio sopra il Camposanto dei Canonici (detto anche Scarsella o Cappella di San Giovanni) vi era una struttura nella quale si dice venissero rinchiusi i condannati a morte: secondo alcuni era la parte ora mancante che annetteva la Scarsella al Battistero (demolita nel ‘500), mentre secondo altri si trattava di una gabbia che comprendeva la strettoia sopra detta e lo spazio immediatamente antistante questa dalla parte di piazza Zaccaria, quando il collegamento era già stato demolito (del punto in cui la capella si agganciava al Battistero rimane una traccia sul lato orientale dell’ottagono, prospiciente l’edificio sopra il cimitero dei Canonici: ancor oggi vi si nota un arco in pietra internato nel muro e sormontato dai segni di due spioventi). In ogni caso qui si dice si trovassero i condannati a morte, in attesa di essere trasferiti nella cappella di S. Gerolamo dove passavano in preghiera l’ultima notte prima dell’esecuzione (segnalata dal lugubre suono della campana del palazzo Comunale la sera precedente, all’una di notte e all’alba). La parte che univa il Battistero all’attuale Cappella venne demolita verso la metà del XVI secolo (il Puerari spiega che se ne decurtarono ben sei braccia «per liberar il battistero d’intorno»); e nessuna traccia rimane di un’eventuale gabbia posizionata successivamente. Ma una testimonianza sembra comunque essere rimasta: essa si trova alla base dei lati nord e nord-est del Battistero (quindi dalla parte di Piazza Zaccaria) dove, per intendersi, sono incisi anche le misure del mattone e della tegola cremonese.







Osservando i mattoni su quel lato dell’ottagono, vi si notano incise delle scritte: si dice che siano quelle lasciate nei secoli che venivano lasciati lì negli ultimi giorni prima del patibolo. In ogni caso, se il passaggio fu liberato nel ‘500 è probabile che già la camera che doveva esistere quando il battistero era ancora unito alla scarsella poteva aver adempiuto a quella funzione: alcune delle date sul muro riportano le date “1400” e addirittura “1300”. Alcune sono poste a circa 2,5 metri di altezza, lasciando intuire la presenza di un soppalco. Tra le date ancora leggibili (altre sono irrimediabilmente sbiadite) vi sono semplici iniziali e firme per esteso assieme a numerose date (in una si legge chiaramente «1794», in un’altra «morto 17 agosto», in altre ancora le date arrivano addirittura al 1300 e più indietro); contemporaneamente, vi si riconoscono anche alcune pesanti invettive alle autorità cittadine laiche e religiose: «cristalli di parole, l’ultima bestemmia detta», per dirla con La ballata degli impiccati di Fabrizio de Andrè.





Poco si sa comunque su questa ipotetica struttura, giacché fra il XIII e il XIX secolo più fonti posizionano le prigioni dentro palazzo Comunale, nell’ala compresa tra le attuali piazza Pace, via Lombardini e piazza Stradivari (detta in passato appunto “La Guardiola”, mentre al piano superiore erano l’alloggio del Giudice e il Tribunale e, a fianco, la Torre dei Condannati – quella che attualmente dà su piazza Pace). Sorvegliate da un Capitano e dai suoi uomini, assieme ad alcuni “Sbirri”, le prigioni contavano diversi locali, descritti dai documenti come angusti, bui e maleodoranti (tramanda Agostino Cavalcabò come spesso si tardasse a cambiare la paglia della lettiera, costringendo i condannati a vivere tra fetidi miasmi). Sul lato di piazza Stradivari (dove ora si trovano gli uffici di Spazio Comune) c’era l’ingresso, sormontato da un porticato con una trave alla quale venivano appesi i detenuti durante le torture. Sino al XVI secolo circa, le esecuzioni si tenevano davanti alla chiesa di S. Erasmo (ora non più esistente) nella contrada che ancor’oggi porta quel nome, situata in fondo a via Palio dell’Oca. Per i condannati cremonesi il “miglio verde” era ben più lungo di quello dell’omonimo film. Essi raggiungevano la forca in una pittoresca processione che partiva dalla prigione (ed alla quale prendevano parte, oltre agli sbirri, anche il podestà ed altre autorità), passava dalla chiesa di S. Girolamo (via Sicardo), e si snodava poi attraverso il “Vicolo degli Impiccati” (detto Stricta de Apichatis, continuazione ora soppressa del vicolo S. Girolamo verso via Platina – segnata in rosso nella pianta a fianco), le attuali via XI Febbraio, via Manini e via S. Erasmo, sino al piazzetta dinanzi alla chiesa. Dal ‘600 circa il patibolo risulta invece collocato nell’attuale piazza Stradivari, davanti alla Torre del Capitano (ancora visibile, inglobata nell’edificio dell’ex Casa di Bianco). Lo spostamento del capestro si intuisce anche dal “cambio di residenza” del Boia, situata sino alla metà del ‘500 in via Palio dell’Oca (che si chiamava appunto “Contrada del Carnefice”), e trasferito nel 1560 circa in alcuni locali sopra la Sala del Consiglio di Palazzo Comunale.





Al proposito, il Cavalcabò riporta un fatto curioso: sembra infatti che quei locali fossero totalmente sprovvisti di servizi igienici, perché in una supplica datata 1569 alcuni vicini, stufi di prendersi in testa ogni tanto i bisogni del Boia (che, senza farsi troppi problemi, «gittava a basso la fece et altre sporchizie»), pregavano vivamente la Magnifica Comunità di trasferirlo altrove. Non si sa se fosse per questo particolare o, più in generale, per il fatto che il Boia è sempre un vicino un po’ “scomodo”, fattostà che la sua dimora fu in seguito destinata a spostarsi ancora varie volte: dapprima in via Cadore e, dal XVIII secolo, in via Grado, in una comoda abitazione a due piani quasi all’incrocio tra le vie Bissolati e della Torre.
Alla Confraternita della Beata Vergine della Misericordia e di San Giovanni Decollato, fondata nel 1436 e con sede nella chiesa di S. Girolamo, era affidata l’assistenza ai condannati, incluso l’accompagnamento al patibolo (in veste bianca e a volto coperto) e la sepoltura, che avveniva nel Sepolcro detto “dei Francesi”. Gli impiccati invece avevano una sepoltura “speciale”, dapprima nel cortiletto ai piedi del Torrazzo (detto appunto il Campo Santo) e, una volta pieno verso la seconda metà del ‘600, nella cappella della chiesa di S. Girolamo (il luogo è indicato da una lastra marmorea ancor oggi visibile e per questo la chiesa veniva detta anche “degli impiccati”).






Annota Agostino Cavalcabò che un elenco completo dei giustiziati a Cremona non è stato tramandato, ma è certo che le esecuzioni erano frequenti (l’ultima registrata nelle delibere è datata il 30 novembre del 1827 e venne eseguita sugli spalti delle mura di via Pedone) e, in molti casi, anche alquanto crudeli. Dai documenti risulta come ancora tra ‘500 e ‘600 i condannati, oltre che impiccati, venissero anche decapitati, bruciati («arsi al focho»), fatti a pezzi («tenayati et squartati») pare iniziando dai piedi perché soffrissero di più, o giustiziati tramite fratture multiple causate da una ruota («arrotati»). Per lo più si trattava di assassini o banditi. Ma è riportato qualche caso singolare come quello di tali Domenico C. e Andrea D., mandati a morte perché sorpresi con una donna vestita da uomo. Severe erano anche le pene che si rischiavano per reati “minori”: dalla documentazione d’archivio si viene a sapere come nel 1505 venisse «cavato un ogio» ad un tizio colpevole di furto; mentre per calunnie pubbliche di una certa gravità era «schiapata (tagliata) la lengua con una forbesina».





Se il trapasso rappresentava l’ultimo patimento per l’anima del condannato, altrettanto non era per il corpo. Per intimorire il popolo, infatti, era frequente l’esposizione dei cadaveri al pubblico. Capitava così che gli impiccati fossero appesi due volte, o che ne venissero dilaniate le membra per essere messe a penzolare in un luogo diverso dal supplizio, in genere nelle contrade d’origine del giustiziato, come macabro ammonimento. Ma era soprattutto la Piazza Piccola (la Platea Minor o Platea Capitanei, attualmente Stradivari) ad essere designata, per ovvie ragioni di pubblico, all’esposizione dei corpi, offrendo uno spettacolo certo raccapricciante per i passanti, come raccapricciante, nella sua essenzialità, era la dicitura usata per indicare le esecuzioni nelle delibere del Consiglio della Magnifica Comunità di Cremona: «oggi forca».

19 gennaio 2014

MISTERI E PARANORMALE ALLE PORTE DI FIDENZA



di Paolo Panni




“Ca’ delle anime”: un nome, verrebbe da dire, che è tutto un programma. E che non può che attirare quelle persone che, come noi, cercano di indagare nel cosiddetto mondo del paranormale, alla strenua ricerca di qualsiasi dato che possa andare a dare spiegazioni su ciò che si cela nello spazio oltre la vita.





 Stavolta parliamo di una località alle porte di Fidenza, situata a margine della piccola frazione di Bastelli. E, diciamolo subito, qui a regnare sono soprattutto le incertezze. Poco, ben poco, si ha a disposizione sulla storia di questo luogo. Si parla però di cruente e sanguinose battaglie del passato che avrebbero così dato origine all’inquietante denominazione “Ca’ delle Anime”.





Oggi sul posto si trovano un paio di vecchie abitazioni rurali, entrambe abbandonate e in condizioni fatiscenti, con crolli evidenti. Un motivo più che sufficiente per consigliare a tutti di non avventurarsi, per nessun motivo, all’interno dei locali. Una terza abitazione, sempre abbandonata, e in condizioni meno peggiori si trova a qualche centinaio di metri di distanza. Per il resto ci sono solo campi, canali, siepi e fontanili. Il classico paesaggio della campagna parmense. 





Con una propria delegazione, Emilia Misteriosa è stata sul posto. Accompagnata da Germano Meletti, esperto conoscitore e studioso della zona, appassionato e cultore di storia, simpaticamente definito “sindaco di Castione”, quindi della frazione immediatamente limitrofa.




Ed a Meletti, in questo servizio, di seguito diamo subito “la parola”. E’ lui a descrivere caratteristiche e storia del luogo avanzando alcune ipotesi. 




“Oggi – esordisce Germano - voglio parlare di Ca' delle Anime: si trova a Chiusa Viarola, a Nordest di Bastelli, molto all'interno della Strada Bellaria. Fino ad una cinquantina di anni fa una strada, parallela a quella menzionata, lambiva proprio questo sito, poi, visto che alcune costruzioni sono sorte in Strada Bellaria e nessuna su quella strada, quest'ultima è andata in disuso, mostrando comunque ancora ampie tracce di ghiaia a disegnarne la stretta carreggiata, oggi totalmente coperta da alta ed abbondante vegetazione. Arrivando da Bastelli bisogna parcheggiare su Strada Bellaria ed addentrarsi su una carraia per circa un chilometro. Tutt'attorno fontanili, qualcuno dei quali coperto per ragioni di sicurezza, la zona dei fontanili è piuttosto ampia, copre praticamente tutta la zona a sud di Ca' delle Anime, fino a ben oltre Bastelli dalla parte Sud (più verso Sudovest, meno, seppur presenti, verso Sudest). Basti pensare che tutti i canali ed i fossi del circondario hanno sempre acqua limpida tutto l'anno, anche in periodi altamente siccitosi.
Ma torniamo – prosegue Germano - alla Ca' delle Anime: obbligatoriamente, dicevamo, bisogna parcheggiare sulla strada Bellaria e percorrere il lungo tratto di carraia che ci separa dal sito. Man mano che ci si avvicina l'aspetto della costruzione più vecchia, o almeno in apparenza perchè l'altra potrebbe aver subito restauri nel corso degli anni, mostra un aspetto tetro, desolante, indipendentemente, anche se accentuato, dall'evidente stato di abbandono in cui versa. Anche l'altra costruzione, quella apparentemente meno vecchia, è abbandonata da tempo: l'ultima famiglia che ha abitato qui se n'è andata da almeno cinquant'anni, vistosi crolli interni lasciano intravedere larghissime "fette" di cielo, vetri rotti ovunque, tracce di camini spenti da tanto tempo.

E' risaputo che questo luogo è ad alto interesse storico, è posto su un sito etrusco-romano, tant'è vero che anche il Comune di Fidenza nel Psc di recente approvazione ne preclude qualunque costruzione, contrasssegnando la zona con una croce di Malta che ne conferma l'alto interesse storico. Quasi otto anni fa, quando tracciavo il percorso della prima edizione della marcia podistica non competitiva denominata Marcia dei Fontanili Memorial Michele Rossi, mi incuriosì quel nome, Ca' delle Anime, così definito su una cartina della zona. La mia curiosità storica mi portò a conoscenza della presenza di insediamenti romani ed etruschi, ma quel nome...
Mi interessai ovunque fosse possibile, compresa una "intervista" al compianto Don Amos, anch'egli conosceva benissimo la presenza storica di insediamenti delle epoche indicate, ma non seppe ricollegarsi al nome ed all'eventuale conseguente motivo. Un giorno – ricorda - parlo sempre di più di sette anni fa, una persona, non ricordo chi fosse, ma mi disse con certezza dell'accadimento di un fatto d'arme in quel luogo, moltissime furono le vittime, da qui, forse, parlando di "quelle povere anime" si è giunti alla definizione di Ca' della Anime. Naturalmente la mia ricerca non si fermò, anzi la cosa fece da perno, rilanciandomi a percorrere i vari secoli in cui potrebbe essere collocato un simile fatto d'arme, sconosciuto ai più. Ho ricercato tra scontri, possibili tra il 1200 ed il 1600, che possano essersi verificati tra parmigiani e piacentini, o tra parmigiani e cremonesi o qualunque altra combinazione possibile o giustificabile da collocarsi in quel periodo”. Ed ecco, quindi, la personale ipotesi di Meletti. “Dopo varie supposizioni, più o meno credibili – sottolinea - sono giunto ad una conclusione, come spesso succede in questi casi, tutta da dimostrare. Reduce dalla sanguinosa Battaglia dei Muroni di Sanguinaro, potrebbe essere passato di qui Federico Barbarossa. Questo perchè alcune informazioni, sempre da verificare, portano a scaramucce, piccoli scontri o battaglia vera e propria, che si sarebbe svolta in località Podere Lazzari, appena prima di Soragna percorrendo la provinciale Busseto-Soragna-Fontanellato-Parma. Questa località si trova sulla destra della provinciale, appena prima della rotonda di recentissima costruzione ed è ben visibile in quanto si trovano in loco piccoli cumuli di terra, simili in tutto e per tutto alle collinette che segnalano la presenza di villaggi terramaricoli, ipotesi comunque da scartare per quest'ultima epoca.Vaghe informazioni raccolte anni fa (era più o meno l'epoca in cui insieme a Don Amos entrammo nei sotterranei di Castione) qualcuno mi accennò alla possibilità della presenza qui di Federico Barbarossa, sottolineata appunto da un fatto d'arme, seppur di secondaria importanza. Ricostruendo un itinerario ideale da Sanguinaro alla località Podere Lazzari, potrebbe starci tutto un passaggio da Ca' delle Anime, distante in linea d'aria non più di due o tre chilometri dalla località soragnese, tra l'altro allora lambìta dalla strada scomparsa da una cinquantina d'anni e parallela alla Strada Bellaria. Quest'ultima oggi compie due curve a gomito, una a destra e subito dopo a sinistra, poche centinaia di metri a Nord ci Ca' delle Anime, per andare a ricalcare quella strada, il cui tratto più a sud è scomparso. Mi rendo perfettamente conto dell'alto rischio di sparare stupidate, ma questo rischio ci sta tutto, anche per persone ben più esperte e navigate del sottoscritto, basti pensare al Pigorini che inizialmente collocò la datazione della Terramara di Castione Marchesi addirittura nell'Età della Pietra, seppur ravvedendosi successivamente, quindi concedete anche a me questa tolleranza, mi riprometto di ragguagliarvi in futuro non appena avrò trovato altri riferimenti più sicuri e precisi”.

Ecco quindi l’ipotesi, affascinante e tutta da dimostrare (per questo appunto ogni approfondimento sarebbe utile), di Meletti.




Come dicevamo, Emilia Misteriosa con una propria delegazione è stata sul posto, per una breve indagine. Che non ha prodotto, a livello di strumentazioni, alcun risultato degno di nota. Ma è stata, appunto, una indagine molto breve, voluta soprattutto per conoscere l’ambiente, le sue caratteristiche e verificare eventuali primi spunti d’interesse. Da approfondire quindi, prossimamente, con una indagine più accurata. 






Come noto, il nostro gruppo è formato sia da tecnici che da persone sensibili, in modo tale da arricchire ed approfondire le indagini, cercando anche di trovare riscontri tecnici a quanto sostengono di avvertire i sensitivi. 





Per l’occasione era presente la sensitiva Gloriana Astolfi che ci ha quindi riferito quanto segue:


“Visto già a distanza il luogo mi è apparso interessante. Le case quasi in rovina e i campi circostanti erano "vivi e parlanti" Avvicinandomi ho avvertito immediatamente la contrazione al plesso solare, sensazione che mi prende improvvisa e inequivocabile quando il posto è abitato da presenze. Da subito ho "sentito" che queste appartenevano ad un passato molto più antico delle guerre napoleoniche e del Barbarossa. Infatti in una delle stanze della casa mi è arrivata immediata l'immagine della sepoltura sacra etrusca di una donna e di una parte della sua storia. Ho visualizzato i monili, il panneggio verde e corna di cervo (queste ultime erano probabilmente riferite all'incidente di caccia). In seguito abbiamo localizzato la sepoltura della sorella con i figli.  Ritengo necessario ritornare sul posto per approfondire ulteriormente l'indagine: credo che questo luogo abbia ancora molto da dirci. Ringrazio tutti per la collaborazione paziente e professionale, che ci ha permesso di lavorare con serenità”. 




A questo punto, quindi, non ci resta che attendere la prossima indagine, sul posto, in seguito alla quale vi terremo aggiornati su eventuali e nuovi dati raccolti.