8 agosto 2017

ZIBELLO, MISTERI E “PRESENZE” NEL PALAZZO PALLAVICINO?


di Paolo Panni




Strani spostamenti di sedie e oggetti, rumori di cavalli e di carrozze, ombre che passano da un ambiente all’altro; addirittura una bambina che ride in soffitta. Sono numerose le testimonianze dirette di fatti curiosi, difficilmente spiegabili ed enigmi riguardanti il Palazzo Pallavicino, simbolo indiscusso di Zibello. Non c’è solo il vicino ex convento (ed ex ospedale civile) dei Padri Domenicani a poter essere considerato interessante, circa una presunta attività paranormale (con testimonianze che anche in questo caso abbondano e con una indagine compiuta da Emilia Misteriosa che, per risultati ottenuti, resta ad oggi una delle maggiori). Anche il Palazzo Pallavicino, pregevole ed imponente monumento che svetta nella piazza principale del borgo, testimonianza preziosa di un passato che per Zibello è stato indubbiamente glorioso, sembra essere un notevole “scrigno” di misteri.

Costruito, con ogni probabilità, in diverse fasi, fra il XV ed il XVI secolo dai Marchesi Pallavicino, si trovava originariamente all’interno delle vecchie fortificazioni che, successivamente furono distrutte. Con ogni probabilità (confermata, forse, anche dalle fondazioni particolarmente profonde ed articolate) venne realizzato sui resti dell’originaria rocca demolita, insieme a buona parte dell’antico borgo, nel 1429, da Orlando Pallavicino (che aveva tolto il maniero al cugino Donnino). 

A volerlo e, quindi, a iniziarne l’edificazione fu Giovan Francesco Pallavicino (1457-1498), capostipite del ramo di Zibello, e figlio di Rolando il Magnifico, che diede avvio anche alla ricostruzione della rocca, a sua volta andata poi distrutta nel terzo decennio del XVI secolo e di cui non restano che pochissimi e poveri frammenti all’interno di aree private, alcuni interessanti sotterranei e un profondo pozzo, riscoperto alcuni anni fa durante lavori di sistemazione della piazza dedicata a Giovannino Guareschi. Pozzo poi ricoperto, perché situato proprio di fronte alla porta di una abitazione, ma di cui, in esclusiva, Emilia Misteriosa è in grado di presentarvi, di seguito, l’immagine…




La nuova rocca era destinata ad uso non solo militare ma anche ad ospitare la residenza dei signori, ospiti illustri (sembra che vi soggiornò anche il duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, durante una navigazione sul Po a bordo di un bucintoro, nel luglio 1493, accolto con grandi onori da Giovan Francesco). Ma non è finita perché Giovan Francesco, membro del Consiglio Ducale di Milano alla corte degli Sforza (legato anche a Lodovico il Moro) intraprese pure altre importanti opere, a partire dalla pianificazione della contrada principale, per proseguire con la costruzione del palazzo podestarile (parte integrante dell’odierno Palazzo Pallavicino), del convento dei domenicani, della chiesa parrocchiale e la ristrutturazione dell’antica chiesa (precedente parrocchiale) della Beata Vergine delle Grazie. Purtroppo la sua morte prima (avvenuta il 20 dicembre 1497 a Zibello, un mese dopo aver fatto testamento) e quella del figlio Federico (1502) e del nipote Giovan Francesco Juniore (1514) non consentì di completare la riorganizzazione complessiva di Zibello e, anzi, queste circostanze influirono molto negativamente soprattutto sulle sorti del castello che fu al centro di infinite dispute di natura ereditaria e andò lentamente in rovina.

Da evidenziare che Giovan Francesco ebbe dalla moglie, Giacoma Brandolini, numerosi figli tra cui Gaspare, Polidoro, Federico, Nicolò e Bernardino. Quest’ultimo è passato alla storia per le sue boccaccesche avventure e, da secoli, si dice che il suo fantasma vaghi tra le mura del castello di Varano Melegari, dove visse a lungo, continuando a distinguersi per la sua sregolatezza, per la sua passione per le donne, macchiandosi per altro di svariati delitti.

Va anche aggiunto, in tema di misteri, che è andata completamente perduta la tomba del capostipite del ramo Pallavicino di Zibello. C’è chi sostiene che si trovi, da qualche parte, nell’ex convento e chi invece la indica all’interno della chiesa parrocchiale (dove in origine era stato sez’altro sepolto, ma pare che successivamente sia stato traslato nel convento domenicano). Fatto sta che, da secoli, se ne è persa ogni traccia. Di lui però è rimasta la memoria di una persona buona e devota, giusta, prudente e benigna.

Per quanto riguarda il Palazzo Pallavicino, questo era anticamente collegato alla cinta muraria (entro la quale si trovava) ed era posto in modo asimmetrico rispetto al castello, ma in asse con la grande chiesa parrocchiale. Anche tramite una rapida osservazione è possibile costatare che, nonostante i numerosi rimaneggiamenti, è composto da una parte più vecchia, un tempo sede della podesteria comunale, ed una più recente caratterizzata dall’ampio e suggestivo porticato. Da sempre centro civile del borgo, ma anche luogo di mercato, di commercio e quindi di raduno degli abitanti. Arricchito dall’ottocentesco, pregevole teatro, aveva, al piano terra, anche le carceri. Lo conferma nelle sue preziose memorie don Bartolomeo Zerbini (parroco dal 1866 al 1874) che le descriveva come “poco arieggiate e insalubri” e affermava di aver visto, in una di esse “un grande e pesante tavolo di rovere (specie di lettiera) nella cui estremità inferiore stavano due grossi ceppi fra cui si teneva assicurato ai piedi, di notte, il prigioniero”. 

Un luogo, dunque, anche di sofferenza e di memorie. Infatti sui capitelli delle colonne sono rimaste incise alcune scritte murali (oggetto a suo tempo anche di approfondimento e catalogazione da parte di un gruppo di studenti dell’Istituto di Disegno della facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Parma), da considerare vere e proprie pagine di storia che ricordano, tra le altre cose, la terribile alluvione del Po del 1705 e le pestilenze del 1629 e del 1630 (quest’ultima fu quella descritta anche da Alessandro Manzoni che provocò a Parma oltre 16mila vittime e, nel contado, circa 70mila).

E’ anche noto che Giovan Francesco Pallavicino Junior, alla sua morte, lasciò il palazzo alle sorelle, Ippolita e Giacoma-Laura. Una su tutte, però, Argentina che vi teneva i propri oggetti d’uso e che, per disposizione testamentaria del fratello, fu privilegiata nella successione. Anche questo, tuttavia, fu al centro di una lunga e intricata contesa dal momento che era andata in sposa al celebre capitano Guido Rangoni e questo però la escludeva dagli Statuti di Parma che non consentivano la successione ereditaria della donna sposatasi fuori dal territorio comunale di Parma. Argentina palla vicino (nata a Zibello nel 1502 e morta nella stessa Zibello il 28 luglio 1550) resta tuttavia una figura di spicco nella storia del palazzo, per avervi vissuto, e appunto per essere andata in moglie a Guido Rangoni. La storia ricorda che si dilettò in poesia e botanica ed ebbe rapporti anche con il famoso poeta toscano Pietro Aretino. Donna di particolare bellezza, rimase vedova nel 1543, riuscì a recuperare il dominio di Zibello prima di morire. 

Curiose, interessanti e per certi versi inquietanti sono le testimonianze che si tramandano e che son accadute, negli ultimi trent’anni, a persone che hanno vissuto o lavorato o semplicemente hanno frequentato il Palazzo Pallavicino. C’è chi riferisce di un episodio accaduto qualche anno fa, durante una serata lavorativa, evidenziando di aver udito una bambina ridere, al piano superiore, verosimilmente laddove si trova il solaio. Ma l’immediato controllo (anche per il timore che qualcuno si potesse essere infilato all’interno del palazzo) confermò che in solaio non si trovava nessuno, men che meno una bambina. 

Una commerciante ambulante, in occasione di un evento gastronomico, salendo negli uffici al piano di sopra, ha invece fatto sapere di aver visto un’ombra passare da una stanza all’altra. Anche in quel caso il timore iniziale fu quello legato alla presenza di un eventuale intruso. Ma l’immediato controllo permise di appurare che negli uffici non si trovava nessuno se non alcuni “addetti ai lavori” della manifestazione. 

Un’altra testimone riferisce invece di un episodio, accaduto nei primi anni del Duemila, di lunedì sera, intorno alle 23, con rumori provenienti dalla zona in cui si trova il teatro. Da evidenziare, particolare non irrilevante, che il bar che si trova a ridosso del teatro, così come gli altri locali che hanno sede nel palazzo (suddiviso da anni fra più proprietari), il lunedì sera sono tutti chiusi. Quei rumori furono avvertiti anche da altre persone presenti, al punto da chiedersi l’un l’altro chi di loro li potesse aver provocati. Ma nessuno si trovava in quel momento nella zona del teatro, che era completamente chiuso. “Quei rumori – riferisce la nostra testimone – durarono almeno mezz’ora. Se ne sono sentiti anche in altre occasioni, ma così forti come quella volta mai”. E’ vero, va detto, che il palazzo sorge nel pieno centro del paese, in una zona parecchio abitata e quindi i rumori potrebbero trovare svariate spiegazioni. Ma il fatto che siano stati avvertiti, quella notte, da almeno tre persone che si trovavano in punti diversi del palazzo, in una fascia oraria e in un giorno in cui tutte le attività, compresa quella di bar, erano chiuse, va considerato quantomeno come curioso. 

Altri ancora riferiscono che, da bambini, non sono mai riusciti a giocare con i loro amichetti (che vivevano nell’appartamento dove oggi sorge la sede dell’associazione Strada del Culatello di Zibello) nel locale al piano superiore adibito a solaio (nel quale sarebbe stata avvertita la risata di una bambina) a causa delle pesanti sensazioni che si avvertivano. Sensazioni pesanti avvertite, anni fa, ogni volta che transitava dal cortile interno, anche da un’altra persona che, per parecchio tempo, ha vissuto nel palazzo. 


Altro episodio molto interessante, ma di cui si è persa ogni traccia, risale agli anni Ottanta del Novecento. Sempre uno dei residenti, approfittando di una sera in cui tutti i locali erano chiusi, decise di lasciare acceso un vecchio registratore, di quelli con le audiocassette. Il giorno successivo si rese conto che erano stati registrati rumori come di cavalli e di calessi e una specie di brusio come se in piazza ci fosse stato un mercato o comunque un movimento di gente, Peccato che cavalli e calessi sono da decenni scomparsi dalla piazza di Zibello e che, quella sera, di gente ne era passata ben poca. Purtroppo dell’audiocassetta, che poteva risultare di grande importanza per un approfondimento, si è persa ogni traccia. 

“Circa due anni fa – ci ha fatto sapere lo stesso testimone – mentre mi trovavo a dormire nel palazzo, ho sentito più volte, una voce femminile chiamarmi per nome. Era la voce di una giovane donna, di un’età indicativamente compresa fra i 30 e i 40 anni. Ma nessuna donna si trovava in quel momento nei paraggi e, non appena io ho chiesto di essere lasciato in pace di poter dormire, non ho più udito nulla. Ricordo un’altra volta – ha aggiunto – in cui eravamo in tre e, sentendo dei rumori al piano terra, siamo corsi di sotto, attrezzati tra l’altro di mazze e bastoni per la paura che fossero entrati i ladri, ma alla fine non c’era nessuno e tutti i negozi erano chiusi”. Altro fatto, riferito da un ulteriore testimone, riguarda un rumore, un chiaro spostamento di sedie, avvertito una sera. “Il giorno successivo – spiega – fu naturale chiedere al proprietario del locale se aveva fatto una festa privata, ma ci rispose che oltre a non aver fatto alcuna festa, quella sera non aveva nemmeno messo piede nella sua attività”.

Testimonianze curiose, affascinanti,per molti versi inspiegabili. Come sempre, secondo lo stile di Emilia Misteriosa, non si fanno conclusioni e non si danno giudizi di alcun genere, limitandosi appunto a definire curiosi e interessanti questi accadimenti, che annoverano Zibello fra i luoghi più misteriosi del Parmense, se si tiene conto anche delle vicende legate all’ex convento domenicano e ad un paio di abitazioni private della zona. Emilia Misteriosa, che ha già effettuato una prima indagine all’interno di alcuni locali del palazzo, si riserva naturalmente di approfondire ulteriormente misteri e fatti inspiegabili legati all’importante edificio, simbolo ed emblema della gloriosa storia locale.



FONTI BIBLIOGRAFICHE 


Amministrazione Comunale: “Zibello: la storia, la gente,le opere, le tradizioni”, Arte Grafica Fidenza, 1985. 

Amministrazione Comunale: “Zibello – Città dei sapori, Città d’arte, Città Slow. Arte – storia – gastronomia”, Andromeda editoria e comunicazione, 2009 

M.Calidoni, M.C. Basteri, G.Bottazzi, C.Rapetti, S.Rossi, M.Fallini: “Castelli e Borghi – Alla ricerca dei luoghi del Medioevo a Parma e nel suo teritorio”, Mup Editore, 2009 

D.Soresina: “Enciclopedia Diocesana Fidentina. Vol. III. Le parrocchie, i parroci, le chiese”: Arte Grafica Fidenza, 1979. 



SI RINGRAZIANO FABIA FAVA E DAVIDE CAPPA PER LA PREZIOSA COLLABORAZIONE. FABIA FAVA ANCHE PER AVER PERMESSO LA REALIZZAZIONE DELLE FOTO DEI SOTTERRANEI.


LE FOTO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA. PER IL LORO UTILIZZO E’ NECESSARIA LA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE.

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