7 aprile 2015

PRESAGI, DISGRAZIE PAURE E “MISTERI” NELL’APPENNINO PARMENSE – BERCETO NEL XVI SECOLO. IL DIARIO (1544 – 1557) DI DON GIORGIO FRANCHI


di Giuseppe Beppe Conti





Per comprendere appieno il senso e l'importanza della Cronaca di Don Franchi. è necessario rifarsi alla particolare congiuntura storico-politica nella quale venne a trovarsi in quegli anni il Ducato di Parma e Piacenza, proprio nel periodo in cui l’autore scrive (1544-1557), l'istituzione del Ducato di Parma e Piacenza suscitò l'attenzione di alcuni fra i più noti personaggi politici europei - da Carlo V al Papa al re di Francia.
Il Franchi non ha alcun intento letterario o di critica storica: egli si propone di registrare gli eventi di cui è diretto testimone, quelli di cui gli giunge notizia sia da Parma sia dal resto d'Italia. Per quel che riguarda la vita quotidiana di Berceto, il Franchi sembra essere stimolato a narrare quelle vicende che più esulano dalla normalità e dietro alle quali scorge sempre il disegno ineluttabile della divina provvidenza in un clima ancora palesemente feudale. Egli descrive con più attenzione quei fatti nei quali si sente più profondamente coinvolto o che maggiormente lo impressionano, ma per un approfondito ed esaustivo approfondimento del testo rimandiamo alla bibliografia in calce.
In questo breve scritto voglio evidenziare alcuni passi della Cronaca più “misteriosi” e che, guerra a parte, sicuramente portarono momenti di sgomento e paura alla popolazione contadina del XVI secolo. 
Per una maggiore comprensione riportiamo il testo in italiano corrente, mentre nei saggi che segnaliamo nella bibliografia, viene presentato lo scritto originale di fronte alla traduzione in italiano.




Primo segno di una disgrazia imminente è il canto “strano” di un pulcino:

“Nota come il 13 del predetto mese (luglio 1544), nacque una covata di pulcini ad un certo Vincenzo delle Cannelle da Castellonchio, uno dei quali il 17 del predetto ha cantato tre volte con la voce di gallo: questo è verissimo perché lo so per certo, essendo io attualmente suo parroco.

Tuttora nella tradizione popolare di gran parte d’Italia è diffusa la credenza che la gallina o il pulcino che canta come un gallo sia segnale di malaugurio.
Dopo l’anomalo canto è la volta di una cometa simile ad una fiaccola infuocata:

“Il 9 del predetto mese (agosto 1544), un animale tutto infuocato a forma di biscia è apparso nel cielo di Castellonchio, nell’ora dell’Ave Maria, sopra le case; e la gente che lo vedeva diceva che era la bissa bova; fatto sta che il 14 sono morte di peste due vacche a due poveri contadini.

Pochi giorni dopo:

“Il 17 del predetto mese è apparsa sopra il monte Barigazzo una cometa a forma di fiaccola infuocata, che si vedeva ogni sera circa alla stessa ora; e ha continuato ad apparire per 15 giorni e stava ferma due o tre ore che tutti la vedevano.

Le comete ed altri segni erano ritenuti presagi premonitori anche di carestie, pestilenze, segni della collera divina, infatti il parroco sempre nell’agosto del 1544 annota che

”…..quest’anno in tutto il parmense e massimamente in montagna si è raccolto poco più di quello che si era seminato e per metà e stato loglio; e non ci sono stati frutti di nessuna specie e una pestilenza ha colpito il bestiame lungo la valle del Parma, cioè da Langhirano sino a Corniglio, e da Fornovo sino alla montagna in direzione di Felino, tanto che si è calcolato che all’inzio di luglio sino all’inizio di agosto sia morto bestiame per l’ammontare di mille libre; e continuavano a morire buoi, maiali, capre, pecore, galline, oche e pavoni, per cui tutti erano spaventati.

Un altro presagio infausto sarà ravvisato nell’animale mostruoso a forma di biscia:

“Il 22 di agosto al Riolo in un canapaio è stata trovata dal barbiere maestro Giovan Francesco Gabbi una biscia così grossa che nessuno la voleva affrontare ne con sassi ne con bastoni. Ma un certo Broccardo Pizzi ci andò con un archibugio e l’ammazzò e la portò in piazza; e è stata misurata: era lunga due braccia e grossa tre quarti (1 metro e venti di lunghezza e 45 cm. di circonferenza; un vero mostro!!), tanto che con entrambe le mani non la si poteva avvincere. Aveva la testa come un cane segugio.

Questi presagi portano a rivolgimenti che avrebbero scosso in poco tempo il Ducato: la “Guerra di Parma”; ed anche durante il conflitto la cronaca del Franchi ci lascia intendere che succedono cose che non promettono nulla di buono:

“Nota che il 30 luglio (1551), Antonio Pezzoli e suo fratello Pietro, che avevano delle mietitrici sul Groppo delle campane, a mezzogiorno videro uscire, loro e le mietitrici e anche Moderanno Bellerzi vecchio abitante di Groppo, delle percore bianche che andavano e venivano sul Groppo e talvolta sembrava che ci fossero degli uomini in mezzo. Andavano per la stoppia poi alla fine, viste da tutte le suddette persone, spiccarono il volo sotto forma di cavalli, di pecore grosse e piccole, di cani e di altre specie di animali. Questo l’ho scritto perché ho parlato di persona con tutta quella gente che le ha viste con i suoi occhi.

Il 19 agosto un altro stranissimo avvenimento sconvolse alcune frazioni del territoro:

“…………Lo stesso giorno sopra il bosco di Bergotto, a partire dalla sommità di Forcella sino a tutto il territorio che si poteva vedere giù sotto Roccabrebalza, passò una così gran moltitudine di certi insetti più grossi di quanto non siano i moscerini, con le ali da farfalloni, che non si distingueva la selva dai boschi di Bergotto e per tutto il tratto di cielo che attraversavano non si vedeva ne luce ne sole. Lo stesso capitava sopra i Fornelli dove quegli insetti andavano verso il monte di Gravagna, lungo la Baganza, a partire dalle capanne di San Genesio, a venire per il pendio verso Berceto e proseguendo per quel pendio sino a Calestano e dovunque passavano non si vedevano più ne cielo ne alberi. Questo l’hanno visto duecento persone e anch’io l’ho visto con i miei occhi.

Gli anni particolarmente critici in cui il Franchi mette più in vista, dal punto di vista dei presagi e degli avvenimenti inspiegabili, sono quelli immediatamente precedenti il 1547 e quello tremendo della guerra di Parma, il 1551. Sembrano questi i periodi di maggior incertezza esistenziale, economica; ed in queste occasioni di rischio e di pericolo si accentuano le pratiche e gli atteggiamenti superstiziosi collettivi.




Leggendo la cronaca un altro forte timore della popolazione era quella di incontrare i lupi; infatti si ha l’impressione che essi costituissero un serio pericolo per coloro che risiedevano in casolari lontani o si recavano ai monti indifesi. Le notizie che arrivarono a Berceto spaventano certamente gli abitanti:

“……..In detto mese (febbraio 1547), un lupo prese una bambina a Ronco Longo e pur con la forza del padre e di due servitori, del Capitano della Piazza di Parma che si trovavano li, fecero fatica a strappargliela viva; gli fecero tre ferite”.

“Il giorno primo di maggio (1547) un lupo andò a Piantonia e nonostante la forza di quegli uomini strappò un bambino da sopra una scala e gli levò la camicia senza romperla per niente, poi dilaniò detto bambino tanto che gli poterono prendere solamente le braccia”.

Sempre il primo maggio 1547 “….venne un certo Lario Saccò da Piantonia il quale disse come cosa certa che il 27 di aprile un lupo aveva dilaniato un giovane di 18 anni e un bambino di nove anni li a Piantonia, e un altro bambino a Piazza sopra Sivizzano.”

Sembrava proprio che i lupi, soprattutto nella zona tra Terenzo, Bardone, Sivizzano e Piantonia avesssero campo libero con la possibiltà di assaltare chi volevano e quando volevano. Ma tre mesi dopo il lupo di Sivizzano viene ucciso.

“ Il giorno 14 del predetto (giugno 1547), il lupo assalì una giovane a Sivizzano, la quale andava a portare il desinare a un suo fratello e avendo un segureto in mano si difese fino a che le venne soccorso; fu suonata la campana da tutti i circostanti paesi tanto che il lupo si immacchiò; fu visto da un archibugiere che lo colpì in un orecchio e gli spezzò quasi tutta la testa, poi gli andò addosso con la cassa dell’archibugio e lo finì di ammazzare, poi portò la testa a Parma e gli fu data una mancia di 10 scudi e tutti i comuni circostanti gli donarono uno scudo ciascuno.”



BIBLIOGRAFIA:


Franchi G. – Poveri homini. Cronaca parmense del XVI secolo. 1543/1557. Presentazione di Luigi Malerba. Testo originale e traduzione a cura di Giuseppe Bertozzi. Studio introduttivo di Franco Grisenti. – Roma – Cooperativa scrittori – 1976. 

Franchi G. – Nove. Diario di un paese dell’Appennino (1544/1557). Edizione a cura di Giovanni Petrolini – Parma – La Pilotta – 1980. 

Micheli G. – Cronache montanare. Il diarium de Bercetum di don Gioirgio Franchi – Parma – Zerbini – 1905. 


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