21 novembre 2013

LA MISTERIOSA RELIQUIA DI SAN CARLO BORROMEO A ZIBELLO



di Paolo Panni





Sono innumerevoli le reliquie di santi e beati che si conservano in tutto il mondo cristiano. Non esiste praticamente chiesa che non ne conservi almeno una. Si va da quelle più “celebri”, come i resti della croce e della corona di spine utilizzate per il martirio di Gesù Cristo, a testimonianze diverse di coloro che sono saliti, come si suol dire, agli onori degli altari. Frammenti ossei, lembi di vesti, oggetti personali, talvolta anche interi corpi: sono decisamente innumerevoli le reliquie che, più o meno devotamente, si trovano nei vari centri della cristianità. Senza voler entrare in alcun modo nella veridicità dell’una o dell’altra (in tanti casi, è noto, non vi sono certezze assolute che possano fugare i “se” e i “ma”, e quindi non si può che lasciare il tutto “affidato” alla fede personale di ciascuno) è interessante tuttavia andare alla scoperta di fatti straordinari e misteriosi che le possono accompagnare. Una menzione particolare la merita, senz’altro, una reliquia conservata a Zibello, fra i “tesori” della monumentale chiesa parrocchiale dei santi Gervasio e Protasio, uno dei più insigni monumenti della diocesi di Fidenza.







Si tratta di un lembo della veste di san Carlo Borromeo, patrono del comune. Non ha certo bisogno di presentazioni il Borromeo. Nato nel 1538 e morto appena 46 anni più tardi, fu creato cardinale a 22 anni e resse la vastissima Arcidiocesi di Milano. Difese sempre i diritti della Chiesa contro i signorotti e i potenti (che all’epoca, come noto, spadroneggiavano) e riportò l’ordine e la disciplina nei conventi. Fu direttamente impegnato, in prima persona, durante una epidemia di peste, nell’assistenza agli ammalati e la sua attività apparve prodigiosa, come organizzatore e ispiratore di confraternite religiose, di opere pie, di istituti benefici al punto che Milano, durante il suo episcopato, rifulse su tutte le altre città italiane. Per quanto robusto, era sottoposta a una fatica troppo grave. Bruciato dalla febbre, continuò le sue visite pastorali, senza mangiare e senza dormire, pregando e insegnando. Fino all'ultimo, continuò a seguire personalmente tutte le sue fondazioni, contrassegnate dal suo semplice ma chiarissimo motto: Humilitas.
Morì i 3 novembre 1584.



Secondo la tradizione il Borromeo fece “tappa” anche a Zibello, in qualità di visitatore apostolico, durante il periodo delle grandi riforme operate nella sua diocesi milanese che, all’epoca, si estendeva anche sui territori di Veneto, Liguria e Svizzera. Va evidenziato che, sempre in quel periodo, Zibello era parte integrande della diocesi di Cremona e quindi, a livello ecclesiastico, dipendeva dalla Lombardia.
La comunità di Zibello ha sempre avuto, nei suoi confronti, una particolare venerazione, al punto da dichiararlo patrono del comune. In chiesa parrocchiale esiste inoltre uno splendido altare laterale, recentemente sistemato, dedicato proprio al santo.





In occasione delle celebrazioni centenarie del 1910, l’allora parroco don Emilio Balestra chiese all’arcivescovo di Milano, il cardinale parmense Andrea Carlo Ferrari, una reliquia di san Carlo, da esporre alla venerazione dei fedeli nel giorno della sua festività, a ricordo anche, quindi, di quel particolare legame che il borgo rivierasco ha sempre avuto nei confronti del Borromeo stesso. La richiesta di don Balestra rimase tutt’altro che inascoltata. Infatti il cardinale Ferrari, da tempo Beato, inviò un prezioso reliquiario contenente un vistoso lembo che il suo illustre predecessore indossava il giorno in cui subì un vile attentato, dal quale uscì miracolosamente illeso. Attentato effettuato da tal Donato Girolamo, ex umiliato, che riuscì a penetrare nella cappella privata del cardinale nel momento in cui questi si raccoglieva in preghiera assieme a tutti i curiali. Il silenzioso e profondo momento meditativo, d’improvviso fu interrotto da una forte detonazione causata da un’arma da fuoco, nello sbigottimento generale. L’unico a rimanere impassibile fu proprio il cardinale Borromeo che, anzi, con tranquillità di alzò dall’inginocchiatoio, guardò attorno, e vide ai suoi piedi un proiettile d’archibugio, che a lui era stato diretto. La sua veste color porpora si presentava bruciacchiata e perforata dal proiettile stesso. Ma il corpo rimase incredibilmente e miracolosamente illeso. Un fatto prodigioso in seguito al quale il cardinale tornò semplicemente alla preghiera, invitando tutti i presenti a fare la stessa cosa.
L’attentatore fu poi acciuffato e svelò anche i mandanti che, messi alle strette, ammisero le loro colpe. Il Borromeo tentò di attenuare le responsabilità di Donato Girolamo, col solo obiettivo di salvargli la vita. Ma ogni tentativo fu vano e, oltretutto, la congregazione degli Umiliati, cui l’attentatore apparteneva, fu soppressa con bolla pontificia nel 1571.

 Come informa sempre la storia, il cardinale Borromeo conservò, con gratitudine e profonda fede, quella veste che gli ricordava, chiaramente, il fatto prodigioso di cui era stato al centro quel giorno. Il cardinale Ferrari, ben a conoscenza del legame fra Zibello e il santo, decise quindi di fare dono alla comunità di rivierasca questa preziosa reliquia, testimonianza di un fatto prodigioso e misterioso, gelosamente custodita in un luogo sicuro. Alla pubblica venerazione viene esposta solo il 4 novembre di ogni anno, per la ricorrenza di san Carlo Borromeo.





Il parroco don Gianni Regolani, in esclusiva per Emilia Misteriosa, ha concesso l’autorizzazione a fotografare la reliquia.


Immagini che riguardano sia il fronte che il retro della stessa. Il lembo della veste, come mostrano anche le immagini, è semplicemente protetto da un vetro e la reliquia è devotamente incorniciata.





Sul retro, con iscrizioni sul legno, si trovano la citazione della lettera d’accompagnamento (documento conservato nella corrispondenza dell’archivio parrocchiale). Un’altra iscrizione è ormai pressochè illeggibile.






Un’altra ancora riporta invece la seguente dicitura: “Benedictio Dei Omnipotentis, Patris, et Filii, et Spiritus Sancti et per intercessionem Sancti Caroli Protectoris Nostri defendat Nos Deus, a rosione Padi, et ab omni malo….R.Amen”. E’ evidente (nella dicitura “arosione Padi”) la richiesta di intercessione e protezione al santo contro le esondazioni del Po e contro ogni male (ab omni malo).





Sulla base della parte frontale si legge infine “De exteriori veste qua S.Carolus Borromeus tunc erat indutus quum igneo ictus globulo plumboe divinitus a nece est servatus”.





Una reliquia in cui storia e mistero formano un suggestivo e interessante legame. Con questo servizio, in linea anche con quelli che sono gli obiettivi della nostra associazione, si intende portare alla pubblica conoscenza un fatto decisamente poco conosciuto: anche alla stessa comunità zibellina.



Fonti storiografiche, bibliografiche e sitografiche.



“Il Risveglio”, settimanale della città e diocesi di Fidenza, articoli vari

 
www.santiebeati.it




LE FOTO SONO DI PROPRIETA’ DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA E DELL’AUTORE. PER UN LORO UTILIZZO E’ NECESSARIO CONTATTARE L’ASSOCIAZIONE STESSA.


SI RINGRAZIA DON GIANNI REGOLANI, PARROCO DI ZIBELLO, PER AVERCI CONCESSO L’ESCLUSIVA NELLA REALIZZAZIONE DI QUESTE IMMAGINI. SENZA LA SUA COLLABORAZIONE FONDAMENTALE, TUTTO QUESTO NON SAREBBE STATO PORTATO A TERMINE.

2 commenti:

  1. San Carlo è un Grande della chiesa,indubbiamente di eccezzionale valore,tuttavia restano ombre riguardanti alcuni processi per stregoneria che si tennero durante il suo servizio come arcivescovo di Milano. Era insomma grande ma figlio del suo tempo come accade a tutti noi poveri umani.

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