22 ottobre 2014

Macchinari, ruote dentate e turbine: un viaggio nell’Emilia preindustriale


Da Repubblica.it  (Articolo di Emanuela Giampaoli)





Ai fortunati visitatori, 150 in tutto, che oggi rimetteranno piede, per la prima volta da mezzo secolo a questa parte, nel Mulino di Bentivoglio, sembrerà di fare un viaggio a ritroso nel tempo. Un tuffo nell’Emilia preindustriale, quando l’arte molitoria significava cibo e il cibo significava ricchezza. L’Italia narrata dallo scrittore Riccardo Bacchelli nel suo libro più celebre: “Il Mulino del Po”. È oggi infatti il giorno in cui l’Associazione Amici delle vie d’acqua insieme all’amministrazione locale restituisce a Bentivoglio il grande impianto molitorio edificato sulle rive del canale Navile chiuso definitivamente nel 1975 dopo ben sei secoli di attività, dando il via a una serie di visite guidate che consentiranno di scoprirne la meraviglia. «Non un mulino qualsiasi — avverte Massimo Brunelli dell’associazione — ma una vera rarità, un patrimonio straordinario dell’archeologia industriale nazionale, poiché si tratta di uno dei pochissimi esemplari che ha conservato intatti al suo interno macchinari, ruote dentate, setacci e oggetti che alimentavano turbine e prese di forza motrice». Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato al 1975, quando dopo sei secoli di attività dovette cedere, seppur a malavoglia e in ritardo, all’incedere del progresso. «Polvere a parte — osserva Brunelli — tutto è come era stato lasciato. Come cristallizzato, tanto che basterebbe poco per farlo rientrare in funzione. I nostri volontari lo hanno risistemano e ora è di nuovo aperto al pubblico». Per la gioia dei tanti che si sono iscritti ai primi tour guidati, già sold out quelli per oggi, ma si potrà recuperare nelle giornate dell’11, 22 e 26 ottobre prenotando per tempo (tel. 347 5140369; segreteria@amicidelleacque. org). «Per due ore — prosegue Brunelli — accompagneremo i visitatori a ripercorrere l’intera filiera produttiva del mulino e dei suoi 3500 metri quadrati con macchinari che risalgono ai primi del Novecento. Anche se il mulino è stato attivo senza interruzione fin dal 1400 servendo tutta la zona. All’epoca i mulini erano il cardine dell’attività economica della bassa pianura bolognese, tanto che il signore di Bologna, Giovanni II Bentivoglio, ne possedette ben 16». Nel 1817 il vasto complesso che comprendeva oltre al mulino, granai, botteghe e l’immancabile osteria passò poi alla famiglia Pizzardi che ne affidò la risistemazione ad Alfonso Rubbiani. «Durante la visita — aggiunge Brunelli — ci allunghiamo anche alle stanze affrescate di Palazzo Rosso, normalmente chiuse al pubblico, dove si possono ammirare i disegni del Rubbiani». È qui che visse l’ultimo proprietario, il marchese Carlo Alberto Pizzardi, cui si deve l’ultima importante opera di modernizzazione del mulino. Che però nulla poté contro la modernità.

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