28 settembre 2014

Pianti e Ombre nell'Oscurità di Villa Clara a Bologna

di Maxim79 

Per gentile concessione di Michele Morettini del sito Dal Tramonto All'Alba. 




Villa Clara, da sempre, un luogo che nasconde misteri leggende ma allo stesso tempo affascina e seduce generazioni di giovani e non… Siamo nell’antica area della Bota, oltre la Noce la canaletta della Ghisiliera, divenuta canale del Borgognino. Il palazzo, tutto circondato da un’alta muraglia merlata, reca sui pilastri del cancello il nome Villa Clara. Il che non gli rende affatto giustizia, perché il fascinoso luogo, la cui nobiltà richiama costantemente l’attenzione dei passanti, altro non è che il cinquecentesco Palazzo Malvasia. Vi abitò il famoso conte e canonico Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), celebrato autore di opere fondamentali nella storia dell’arte bolognesequali la Fèlsina Pittrice (1678), che per prima trattò dei pittori e scultori del bolognese succedutesi nei secoli; le Pitture di Bologna (1686), che, organizzata secondo un razionale criterio per itinerari snodatisi nei quartieri petroniani, può essere considerata, come opera originalissima, la prima guida artistica e turistica alla scoperta della città; il Calustro di S. Michele in Bosco; ed i Marmora felsinea (i marmi bolognesi) che presenta testi e immagini delle epigrafi dell’antichità classica a Bologna. Palazzo Malvasia è ricco di splendidi affreschi con paesaggi e scene di genere, di fregi, di soffitti dipinti, di camini dalle cappe istoriate. Vi lavorarono artisti della bottega di Francesco Brizzi, e Domenico degli Ambrosi, suo allievo, e perciò detto il Menghino del Brizzi, Girolamo Curti detto il Dentone, ed Angelo Colonna. In questo palazzo, tra il 1520 ed il 1524 il bell’Antonio Galeazzo Malvasia visse agitati amori con la scultrice Maria Properzia di Giacomo de Rossi. Questa donna, morta a soli quaranta anni nel 1530, era e lo testimonia il Vasari, uno che di solito incensava quelli della sua Toscana ¾ un grandissimo miracolo della natura; dal corpo bellissima, e sonò e cantò nei suoi tempi meglio che femmina della sua città; giovane virtuosa, non solamente nelle cose di casa ma in infinite scienze, che non che le donne ma tutti gli uomini gli ebbero invidia; capriccioso e destrissimo ingegno.

Cresciuta alla scuola dell’arte di Marcantonio Raimondi, praticò con successo sia l’incisione che la scultura, seppur in un clima persecuzioni maschiliste nei suoi confronti, creato da artisti peraltro insigni, come Amico Aspertini. Secondo gli storici, nella formella, esistente al museo di S.Petronio, ove Properzia scolpi’ la moglie di Putifarre che accusa Giuseppe, avrebbe manifestato il suo infelice amore per Antonio Galeazzo; però, dal momento che sovente è chiamata sua concubina, tanto felice quell’amore non doveva essere.

Quanto al grande Carlo Cesare Malvasia dopo la laurea in utroque iure (1638) andò a Roma dove nel 1642, divenne prete. Tornato a Bologna nel 1645, si ascrisse con il nome di Ascoso all’ Accademia dei Gelati e pubblicò (1647) l’opera giovanile il Fiore coronato. Dal 1647 alla morte, fu pubblico lettore di diritto all’Università. E qui, al Casino del Trebbo , venne presso di lui per quasi mezzo secolo, il fiore della cultura bolognese ed italiana. Dedico alla maestà cristianissima di Luigi XIV, re di Francia e di Navarra la Felsina Pittrice. E Luigi XIV lo regalò due volte del suo ritratto contornato di brillanti. Si dice due volte, perché non essendogli giunto il primo inviato, il Re volle gli se ne inviasse un secondo, e siccome il Colbert, che allora viveva, volle indagare su ciò che era successo del primo , quelli che l’avevano sottratto per timore di essere scoperti, l’inviarono al professore, il quale voleva restituirlo, ma gli fu comandato per ordine del Re di conservarlo unitamente al secondo. Nel suo testamento del 22 dicembre 1692 il Canonico lasciò il gioiello all’ Arciconfraternita della Vita, come dono inalienabile e con l’obbligo di ornare con esso l’altare di S. Maria della Vita nel giorno della festa annuale.
Non si conoscono le vicende della villa durante il Settecento e l’Ottocento; Nel 1905 i Malvasia vendettero il luogo al cav. F. B. che vi arreco numerosi miglioramenti e alla sua morte fu ereditata dalla figlia in Francia. In seguito venduta la villa passò in mano a vari speculatori che misero a repentaglio la sua conservazione, adibendo la loggia d’ingresso a rimessa per carri da trasporto che venivano fatti entrare per una rampa posticcia; nel 1928 fu acquistata dalla sig.ra C. M. che arredò le sale del piano terreno. Nel 1954 la proprietà fu acquistata dagli A.

Oggi la Villa è abbandonata e presenta grande necessita di restauri.

Un pianto che riecheggia nella notte perdendosi tra le mura…… L’ombra di una bambina che appare nell’oscurità…….Una disperata richiesta d’aiuto…..

Queste frasi molto forti, ormai da diverse decine di anni accompagnano la famosa Villa. Villa Clara è più conosciuto dalle persone soprattutto dai ragazzi, come una casa stregata, infangando tutto il prestigio acquisito nei secoli. La leggenda narra che intorno ai primi del '900 in questa bella villa abitò un nucleo famigliare di tre persone: papà, mamma e figlioletta. Fino qui sembrerebbe tutto normale, ma per qualche misterioso motivo pare che Clara (così si chiamava la bambina) avesse poteri di chiaroveggenza. Avvisava i suoi famigliari di avvenimenti che sarebbero accaduti in futuro, indovinandoci ingenuamente tutte le volte. Si dice che il padre della piccola, esasperato e forse intimorito dai poteri della bambina, una notte, preso da un raptus di follia, la murò viva all’interno della casa. Cosa accadde dopo è mistero assoluto.

Ora le voci che circolano dicono che in certe notti si senta la bambina piangere,cantare,lamentarsi oppure la si veda girovagare in giardino. Questa è la sintesi di circa 60 versioni diverse della leggenda raccolte dal 2000 ad oggi.

Fatto sta che Palazzo Malvasia, resta un bene storico culturale da preservare e salvare. Spero con queste poche righe di aver riportato alla luce, la vera identità di questo splendido luogo, ridandogli un po’ di quella dignità ormai persa nel vociare popolare.


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