29 gennaio 2015

BARDI: NON SOLO MOROELLO E SOLESTE. “VIAGGIO” TRA I FANTASMI E I MISTERI DELLA VAL NOVEGLIA SULLE ORME DELL’EREMITA DISPERSO

di Paolo Panni



Se uno dice “Bardi” e parla di misteri e di paranormale, la mente di tutti, anche di chi muove i primi passi nel campo dell’ignoto, corre immediatamente alla leggendaria (in tutti i sensi) vicenda di Moroello e Soleste. Una delle tante, antiche storie d’amore che aleggiano tra le mura dei manieri italiani, finite tragicamente. Con gli spettri dei due innamorati che, secondo la credenza popolare, ancora oggi vagherebbero tra le mura della splendida fortezza costruita su uno sperone di diaspro rosso. Fortezza dove, in effetti, come dimostrano anche i risultati di indagini e attività compiute da esperti e da gruppi che si occupano di paranormale, le anomalie non mancherebbero e, anzi, sarebbero piuttosto frequenti. 



Ma oggi ci vogliamo occupare di alcune vicende misteriose, e meno note, che interessano gli immediati dintorni di Bardi, comune che, a conti fatti, può considerarsi, per numero di fatti, di storie, di leggende e di luoghi, fra i più misteriosi dell’Emilia e, forse, d’Italia. 



In questo servizio ci si concentra, in modo particolare, su tre borghi abbandonati (o quasi) della Val Noveglia e sui loro misteri, antichi, affascinanti, singolari. 


Passata la piccola località di Venezia (naturalmente nulla a che vedere con la città lagunare veneta), si giunge a Pareto, modesto villaggio composto da un gruppo di case in pietra, disabitato da almeno trent’anni, posto ad una quota di oltre mille metri. Osservando gli edifici, in gran parte crollati, non è difficile capire che un tempo era abitato da laboriosi contadini. Oggi divorato dalla vegetazione, trova in una vecchia fontana, rimasta attiva la testimonianza singolare delle vite passate. 

Proseguendo poco oltre si giunge a Pianelleto, borgo che si avvia ormai ad entrare, a sua volta, fra i “paesi fantasma” del nostro Bel Paese. A tenerlo “in vita” sono tre persone, due donne e un uomo. Il più giovane di loro ha più di 80 anni. Messi insieme, con le loro età, superano abbondantemente i due secoli di vita. Fra quei monti sono cresciuti e da quei monti non se ne sono mai voluti andare. E’ gente cortese, che sembra provenire da un’altra epoca e che accoglie con curiosità, e cordialità, i pochi visitatori che decidono di avventurarsi fin lassù. 
Si dice, e da qualche parte è anche stato scritto, che Pianelleto sia un paese di “guaritrici”, le cosiddette “madgone” per attingere al vernacolo locale. Quando chi scrive questo reportage è stato sul posto ha tentato vanamente di sapere, dalle due donne, se fossero loro le “guaritrici” non è stato possibile avere alcuna conferma. La diffidenza, in questi casi, è naturale, specie nei confronti di uno sconosciuto, arrivato dalla pianura, che cerca di sapere cose tanto riservate. 
Solo una delle due donne ha deciso di “lasciarsi andare” facendo sapere che la figlia, che vive in un altro paese dell’Appennino Parmense, fa la guaritrice “segnando” le storte. E già aver saputo questo è stato tanto. E, se da una parte, non è stato possibile avere certezze sugli eventuali “poteri” delle due anziane (o di altre persone che un tempo vivevano a Pianelleto) dall’altra è possibile affermare che la cordialità e il sorriso di questi semplici, laboriosi montanari sono già un bel mezzo di “guarigione” per chi arriva dalla frenesia di tutti i giorni. 
Una delle due anziane donne ha anche accennato ad un altro fatto misterioso che si sarebbe verificato in passato da queste parti, analogo ad altri casi simili accaduti, qua e là, fra le colline e le montagne parmensi e piacentine. 
Ha riferito cioè che, in passato, si diceva che i folletti che vivevano nel bosco entravano di notte nelle stalle in pietra di quelle povere case per fare la treccia ai cavalli: cosa che, per altro, si ripeteva più e più volte. E, l’indomani, più volte, i cavalli con la treccia sarebbero stati notati dai loro proprietari che, oltre a non trovare spiegazioni, non potevano fare altro che mettersi pazientemente a sciogliere le trecce. Azione, questa, in seguito alla quale i folletti dispettosi, nelle ore successive, avrebbero poi preso a botte gli sfortunati cavalli. Si dice anche che in diverse occasioni, in tutta la zona, i contadini disperati per questa situazione si rivolsero più volte ai parroci locali, per ottenere benedizioni con l’acqua santa. E, dopo queste benedizioni, i fenomeni non si sarebbero più ripetuti. 


Verità o affascinante leggenda montanara tramandatasi da un villaggio all’altro e da una generazione all’altra? Difficile dare una risposta, e forse non è nemmeno giusto farlo, lasciandosi trasportare semplicemente dalle emozioni che queste vicende sanno suscitare. Da evidenziare che, prima di Pareto e di Venezia c’è un bosco che chiamano Serbùiu (“casino”, nel senso di confusione), dove, secondo la leggenda, di notte si ritrovano e fanno festa gli spiriti. A volte, stando sempre alla leggenda e ai racconti popolari, ci va anche il fantasma del cane del cavaliere nero, che ogni tanto accompagna chi cammina al buio quando ci sono le nuvole basse, ma bisogna far finta di niente altrimenti diventa pericoloso. Bisogna trattarlo come un cane normale, insomma. E, se prende fiducia verso il visitatore, può portare anche nella zona delle trincee oltre Pianelleto, nella costa alta verso Lavacchielli. Altro borgo fantasma, questo, e dove i misteri non mancano di certo. In tutto poco più di venti case, in larga parte diroccate. Qui gli ultimi abitanti se ne sono andati addirittura negli anni Cinquanta, oltre mezzo secolo fa. E si vede. 


Le case, anche qui, sono tutte in pietra ed il borgo, come i predenti due, è privo sia di edifici religiosi che del cimitero. E proprio vicino alle sorgenti di Lavacchielli si sentirebbe ancora pregare il vecchio che, oltre un secolo fa, era andato a vivere da eremita in quel borgo (vivendo proprio in una delle case in pietra) e che è scomparso dai primi del Novecento. Di lui, quindi, non si hanno notizie né tracce da oltre un secolo, ed è altrettanto vero che nessuno lo ha mai trovato morto. E, stando sempre, ai racconti che si tramandano in zona, un tempo dalle parti di Lavacchielli viveva anche un rabdomante che divise le acque del Rio della Fontana della Lite (è segnato in mappa così). 
Stando sempre sia ai racconti che alle testimonianze raccolte, lo spirito di questo rabdomante apparirebbe, ancora oggi, all’improvviso, nel bosco vicino ai rivi. Fra i borghi ed i villaggi abbandonati dell’Appennino, Lavacchielli è senza dubbio quello di maggiori dimensioni e più suggestivo. Completamente immerso nel bosco è “attraversato” da questi misteri: quello dell’eremita sparito nel nulla e quello del rabdomante che vagherebbe tra gli alberi e i modesti corsi d’acqua. Dove, ancora una volta, leggenda e realtà, memoria popolare e mistero si fondono in un singolare, affascinante ed inquietante mix. 



FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE


Beppe Conti, “Leggende Bardigiane”. 

Centro Studi della Val Ceno, “Leggende della Val Ceno”, curato da Beppe Conti, 2014



www.valcenoweb.it

appennino.blogspot.it

misteridiparma.myblog.it


Per la realizzazione del reportage si ringraziano:

Davide Galli: preziosissima “miniera” di notizie e di conoscenze storiche legate a Bardi e alla Valceno 

Giuseppe Conti: già sindaco di Bardi, per le indicazioni e le notizie fornite 

Stefano Panizza (curatore del blog misteridiparma.myblog.it), esperto conoscitore del nostro Appennino, guida indispensabile per giungere alla scoperta di Pareto, Pianelleto e Lavacchielli. 

Senza il loro aiuto, questo servizio non sarebbe mai stato realizzato. 


LE FOTO SONO DI PROPRIETA’ DELL’AUTORE E DELL’ASSOCIAZIONE EMILIA MISTERIOSA, PER UN LORO UTILIZZO SI CHIEDE DI CITARE LA FONTE.

18 gennaio 2015

ALLE TORRI DEI CASTIGLIONI, NELLA “CASA” DI BELZEBU’


di Paolo Panni




 Solo a guardarle le Torri dei Castiglioni, poste in Val Cedra, tra Zibana e Isola di Palanzano, emanano qualcosa di sinistro e di lugubre. Sarà il loro aspetto decisamente vetusto, saranno forse le condizioni di estrema rovina in cui versano. Ma fin dal primo impatto le sensazioni non sono delle migliori. E andando ad approfondire la loro storia ecco che le sensazioni trovano subito un chiaro fondamento. L’antico fortilizio, detto “Castione” nell’investitura estense del XV secolo e “castro” nei catasti farnesiani del XVII secolo, da molto tempo abbandonato, “ospiterebbe” nientemeno che Belzebù, il principe dei demoni, come viene definito anche nel Nuovo Testamento. Secondo solo a Lucifero, secondo il cristianesimo medievale sarebbe a capo di una schiera di ben 6.666 creature infernali. Un numero, quello indicato, arrivato fino ai giorni nostri in seguito alle profezie della Monaca di Dresda, giovane religiosa che visse tra il XVII e il XVIII secondo. Secondo queste profezie, Satana avrebbe regnato sulla terra per diciotto anni, vale a dire per 6.666 giorni: numero che chiaramente risente sia del famoso 666 apocalittico che, appunto, del numero di demoni sottomessi a Belzebù che, stando invece alla tradizione cabalistica, comanderebbe, insieme a Bodon, un gruppo di spiriti della menzogna. Di lui parla anche Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, XXXIV, 127) definendolo “principe de’ demoni e de’ traditori di loro signori”, identificandolo direttamente in Lucifero. 



Ma cosa ci farebbe uno spirito maligno, tanto potente, in questo fortilizio posto sull’Appennino Parmense, nelle Valli dei Cavalieri, all’interno di uno scacchiere castellano dalla singolare forma di pentacolo? Difficile, al momento, rispondere a questa domanda. E’ noto però, e non pochi residenti, specie i più anziani, lo confermano che tra i ruderi delle Torri dei Castiglioni, nelle notti senza luna, si aggirerebbe Belzebù che, muovendosi saltellando di qua e di là, creerebbe vistose scintille verdi e rosse, diffondendo nei dintorni un odore acre di zolfo e di bruciato. Proprio da questi odori, che più volte, non poche persone, hanno avvertito sarebbe nato questo accostamento con il principe dei demoni. Di cui, localmente, non si sa altro come non si è a conoscenza di eventuali esorcismi praticati su persone e ambienti. In attesa di approfondire ulteriormente l’inquietante vicenda è corretto anche “scavare” tra le storia di queste tre torri. 



L’attuale complesso, ottocentesco, sorge sulle rovine di un antico fortilizio a lungo conteso tra i Vallisneri di Vairo e quelli del ramo reggiano. Vallisneri che lo abbandonarono, al tramonto del loro Casato, tra il XV ed il XVI secolo. Passò quindi alla famiglia locale dei Castiglioni che ne ebbero la proprietà per pochi secoli. Fu l’avvocato Domenico Castiglioni che, intorno al 1890, si fece promotore dell’opera di ricostruzione, restituendo al fortilizio l’antica dignità. Ancora oggi sul portale d’ingresso, nella chiave di volta, si nota lo stemma dei Castiglioni, accompagnato dal cartiglio con l’impresa “Amor et Fides”. L’edificio attuale è quindi il risultato di una ricostruzione tardo ottocentesca, non si sa fino a che punto fedele alla precedente remota struttura. Da tempo si parla anche di un suo recupero, per destinarlo ad ospitare il Museo storico ed etnografico delle Valli dei Cavalieri e delle Corti Vescovili di Monchio. Progetto che continua a restare nelle idee, e sulla carta. Nel frattempo il complesso si trova in condizioni di evidente rovina e la situazione, col passare dei tempo non fa altro che peggiorare, con crolli che si fanno sempre più evidenti. La speranza, anche se i tempi non sono dei migliori, è che alla fine il suo recupero possa andare in porto.






Fonti bibliografiche e sitografiche


G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997

G.Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia scrl, 2012

M.Calidoni, M.C.Basteri, G.Bottazzi, C.Rapetti, S.Rossi, M.Fallini, “Castelli e Borghi”, Mup Editore, 2009

L.Sartorio, “Magica Rozada ad San Zvan. Mappa dei luoghi misteriosi del Parmense e della Lunigiana”, Grafiche Step Editrice 2014.





Le foto sono di proprietà dell’autore. Per un loro utilizzo è sufficiente citare la fonte.

2 gennaio 2015

A SAN BONICO, LA “MEDJUGORJE ITALIANA”, LA SERA DI NATALE

di Paolo Panni





Ancora una volta Emilia Misteriosa è tornata a San Bonico, la “Medjugorje italiana”, la piccola località del Piacentino dove, da dieci anni esatti, la Vergine apparirebbe al veggente Celeste Orbetelli. Un luogo ormai frequentato da centinaia di fedeli, che arrivano anche da altre province e regioni italiane, sfidando anche freddo, gelo e pioggia per trascorrere insieme una serata di preghiera, recitando il Rosario, insieme a Celeste, uomo semplice, al quale la Madonna apparirebbe tutti i giovedì sera. Le presunte apparizioni, lo ricordiamo, sono iniziate l’8 dicembre 2004 (dieci anni esatti quindi) ma sono state anticipate da un fatto a dir poco singolare. Infatti l’11 ottobre 1995, la signora Paola Patelli, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina, che viveva proprio a San Bonico, il giorno prima della sua morte, prendendo la mano del parmigiano Celestino Visconti, ebbe a dire “oggi ti lascio, ma tu devi dire che entro quindici anni, nell’angolo del campo, la Madonna apparirà ad un signore. Sarà una cosa molto grande e ci sarà per sempre. Dillo, a me l’ha detto Padre Pio”. Dopo quasi nove anni, Celeste, completamente ignaro dell’esistenza e della missione di Paola Patelli, ebbe la sua prima apparizione. Da allora ne ha avute 546. 


Tanti i fatti singolari accaduti in questi anni nel campo di San Bonico. Su tutti il presunto “miracolo eucaristico” del 27 dicembre 2012 quando, nelle mani di Celeste, comparve un’ostia della quale si conservano diverse immagini fotografiche. Non sono rimasti invece frammenti della particola, assunta da un sacerdote presente quella sera al campo, da un testimone oculare collaboratore del veggente e dalla moglie dello stesso Celeste. 

Due anni dopo era grande e comprensibile la curiosità, a fronte del fatto che quest’anno Natale cadeva proprio in giovedì. 

Emilia Misteriosa è stata sul posto rappresentata da due suoi collaboratori: chi scrive questo testo e Stefano Panizza, autore del blog misteridiparma.myblog.it ed esponente del Cisu (Centro Italiano Studi Ufologici). 

Una serata fredda quella che si è subito presentata ma “riscaldata” dalla fede delle tante persone che, ancora una volta, si sono radunate al campo per pregare insieme ed impreziosita dall’incontro, casuale, con chi è stato testimone della comparsa dell’ostia di due anni fa e con una signora abituale frequentatrice del campo, che ci ha raccontato un altro fatto misterioso avvenuto pochi mesi fa. Una sera, come lei stessa ci ha raccontato, a Celeste si sarebbero presentate due madonne, insieme all’arcangelo San Michele. Subito dopo si sarebbe quindi presentata una terza Madonna, rivelatasi essere quella vera, che avrebbe invitato San Michele a scacciare le due false vergini. Nel frattempo, al campo, un uomo (giunto improvvisamente insieme a due donne) avrebbe dato segni di grande nervosismo, molto simili a quelli di un posseduto. “Ho capito subito – ha raccontato la testimone (evidenziando probabili doti di sensitività) – che quella presenza era negativa. Quell’uomo è piombato qui in auto a grande velocità: solo una persona violenta, o cattiva, può correre in quel modo in auto in un luogo in cui è presente tanta gente a piedi. Le due donne che erano con lui – ha proseguito – le ho solo potute scorgere: non sono scese dall’auto”. Un fatto, quello, che è poi rientrato. Ma che – aggiungiamo noi – fa emergere chiaramente segni maligni. E’ noto infatti che il male spesso agisce con l’inganno: come nel caso specifico di questa apparizione di due finte madonne. Allo stesso tempo si può affermare che, ancora una volta, si sarebbe dimostrato come il bene, comunque, ha sempre la maglio, alla fine, sul male. “La Madonna – ha fatto sapere ancora la testimone – ha definito quelle due figure come ‘disturbatori’ e che potrebbe succedere di nuovo”. 

Passando invece al testimone del presunto “miracolo dell’ostia”, questi ha riferito di aver tenuto, tra le sue mani, la mano di Celeste scorgendovi, prima dell’apparizione dell’ostia, un “cratere lunare” (testuali parole) e un “campo arato, con i solchi distanti tra di loro” (ritenuto, questo, un segno presente nelle sacre scritture). Volendo approfondire quest’ultimo aspetto e attingendo alle stesse scritture, balza subito all’occhio un “monito” di Cristo: “Non v’è niente di nascosto che non abbia ad essere scoperto, né di occulto che non abbia a venire notizia” (Mt10:26). E’ ora che si sappia chi è l’Anticristo e chi semina zizzanie nel campo arato da Cristo. L’era del male si sta restringendo, volge verso la fine con ‘grande afflizione’, che è annunciatrice di nuovi cieli e nuova terra”. “Chi un tempo è stato illuminato non torni indietro; per costoro non c’è una seconda volta. Coltivino pure il proprio orticello i cui frutti periranno nell’oblio. Il Regno dei Celi è simile ad un uomo che ha seminato buona semenza nel suo campo. Ma mente gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò delle zizzanie in mezzo al grano e se ne andò”. E questa non è che una citazione delle molteplici che si potrebbero fare mettendo mano ai testi sacri e cercando il termine “aratura”. 

Quella sera, ovviamente, era buio, ma il testimone, che si ringrazia per la disponibilità e la cortesia che ancora una volta ci ha usato, sostiene di aver visto benissimo quei segni. Proprio perché teneva la mano di Celeste fra le sue.


Proseguendo quindi nel racconto della serata, va evidenziato che il veggente è arrivato come sempre intorno alle 20, ed avrebbe avuto l’apparizione esattamente all’inizio della preghiera. La Madonna, accompagnata da tre angeli, gli sarebbe apparsa con un mantello più largo del solito, che poco dopo avrebbe aperto mostrando il Bambino Gesù, chiedendo a Celeste di pregare il Rosario per la chiesa e gli ammalati. La Vergine e il Bambino sarebbero quindi scesi sul campo, senza toccar terra, rimanendo per tutta la durata del Rosario, interamente recitato dallo stesso Celeste. Che ha riferito, a proposito del Bambino, che questo era molto piccolo, con le normali sembianze di un neonato, vestito di chiaro. La Madonna, nel suo messaggio, gli avrebbe chiesto di non offendere mai Gesù e di amarlo, definendolo “Il Padre vostro” e dicendo “Solo lui vi salverà”. Questo, esattamente, il resoconto riportato sul sito www.salveregina.it/SanBonico

“La Madonna appare, bellissima, dal cielo, come sempre, nella grande luce, con i 3 soliti angeli vicino e con il mantello richiuso sul davanti, scende sul campo e dice: ‘Vi chiedo un rosario per tutti gli ammalati e per la Chiesa e stasera metterò in mezzo a voi Gesù Bambino. Tutto il rosario Lui sarà in mezzo a voi, come tu Lo vedi Lo porterò giù, giù in mezzo a voi. Vi chiedo di pregare figlioli, per tutto il rosario Lui sarà lì in mezzo a voi. Vi raccomando, cercate sempre nella vostra vita di non offenderLo mai, vi raccomando, amateLo sempre di più, è vostro Padre. La benedizione ve la darò alla fine del rosario. Pregate figlioli, pregate.” La Madonna mentre parlava ha aperto il mantello e ha mostrato a Celeste il S. Bambino Gesù che teneva con il braccio sinistro, poi, mentre noi pregavamo, è scesa in mezzo a noi. Alla fine della preghiera, la Madonna parla nuovamente e dice:

“Lo vedi? Questo è Lui, il Padre vostro. Vi raccomando figlioli, non abbiate mai paura vi prego, solo Lui vi salverà, solo Lui. Vi benedico tutti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.” La Madonna benedice, richiude il mantello coprendo il S. Bambino, sale nella luce seguita dai 3 soliti angeli, entra come in una grotta molto illuminata e scompare”.

Maggiori particolari e dettagli si possono sempre leggere al sito www.salveregina.it/SanBonico oppure scrivendo semplicemente “La Madonna della Notte” sui motori di ricerca.



Non sono accadute, durante gli avvenimenti, situazioni particolari se non un fatto che può essere ritenuto singolare, o comunque una particolare coincidenza: la nebbia che fitta è scesa sul campo in concomitanza con la apparizione ed un lieve profumo di rose, sempre durante la presunta apparizione.

Cogliamo l’occasione per riportare anche il messaggio riferito alla apparizione del giovedì precedente (18 dicembre) e di giovedì 1 gennaio: serate alle quali, va precisato, nessuno del gruppo Emilia Misteriosa era presente. 
Ecco il resoconto del 18 dicembre 

“La Madonna appare, bellissima, dal cielo, come sempre, nella grande luce con le mani giunte, con i 3 soliti angeli vicino, scende sul campo, la luce diventa ancora più grande e più intensa e dentro ad essa Celeste vede un grande portone e tantissime persone davanti ad esso, poi il portone si apre lasciando vedere tanta luce all’interno e le persone di tutte le razze, di tutte le età, consacrati e non, cercano di entrare, molti, sorridenti e felici, riescono, ma tanti altri, disperati e sofferenti, non riescono ad entrare nonostante il portone sia aperto, perché la luce intensa non glielo permette. La Madonna, dopo qualche minuto, si abbassa ancora un po’, Celeste vede sempre il portone con la luce, ma non le persone, poi Maria allarga le mani e dice:

“Ti raccomando, continua a fare pregare le persone figliolo, continua e continua a portarli in chiesa, non fermarti ti raccomando, portali tutti in chiesa, perché così li porti in casa loro, tutti, il Signore vi aspetta sempre e tu continua ti raccomando, continua a portarglieli. Quello che hai visto stasera non è niente rispetto a quello che ti farò vedere. Pregate figlioli, pregate, pregate tanto, pregate per il mondo vi raccomando, sempre, sempre di più e tornate umili, l’umiltà vi raccomando, il Signore non vuole perdervi. Vi benedico tutti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.”


La Madonna benedice, chiude le mani, sale nella luce, entra nel portone seguita dai 3 soliti angeli e scompare.

La signora Donatella rende testimonianza di una grazia ricevuta”.

Ed ecco infine quello del primo gennaio 2015 (547esimo incontro):

“San Michele Arcangelo appare per primo e gira sopra a noi per un po’, poi nella grande luce appare, bellissima, dal cielo, come sempre, la Madonna con le mani giunte, con i 3 soliti angeli vicino, scende sul campo, resta a guardarci sorridente per qualche minuto, poi allarga le mani e dice:

“Figlioli, continuerò a chiedervi preghiere, sempre, ve ne chiederò tante, tantissime, ma vi raccomando figli Miei, non abbiate mai paura, mai, perché il Signore non vi vuole perdere e allora siete al sicuro tutti, siete vicino a Lui. Io continuerò a chiedere preghiere e a farvi pregare, molti di voi si chiederanno per quanto tempo ancora mi chiederà preghiere, per tutta la vita figlioli, sempre, continuerò a chiederle a tutti, sempre di più.
Vi chiedo sempre di andare in chiesa, sempre di più, riempite le chiese figlioli, andateci e portate con voi tutti, prendete il Corpo di Cristo, non lasciateLo mai perdere vi prego, prendeteLo. Vi raccomando figlioli, il cammino è lungo, ma arriverete vicino al Signore, tutti si devono salvare, tutti.
Vi benedico tutti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.”

La Madonna benedice, chiude le mani, sale nella luce, entra come in una grotta molto illuminata seguita dai 3 soliti angeli e da San Michele Arcangelo che è rimasto sempre sopra a Lei mentre parlava, scomparendo”




Naturalmente, come si è sempre fatto anche per i precedenti servizi relativi alle apparizioni di San Bonico, Emilia Misteriosa non prende alcuna posizione, né “a favore” né “contro” limitandosi a riportare la cronaca dei fatti avvenuti. Di certo si può affermare che questa che viene definita la “Medjugorje Italiana” si conferma come un’ “oasi di pace” in cui tante persone, cariche di fede e di speranza, sfidando distanze, malattie e intemperie, si recano. E questo non può che essere considerato positivo e significativo.