29 aprile 2013

Presentazione del nuovo libro di Ade Capone - Indagine sull’aldilà. Vita oltre la vita - al Magic Bar di Vidalenzo di Polesine - Parma


di Emilia Misteriosa





Il giorno 26 aprile 2013, su iniziativa della nostra associazione, si è tenuta a Vidalenzo di Polesine, nella sala conferenze del Magic Bar, la presentazione del nuovo libro di Ade Capone <Indagine sull’aldilà. Vita oltre la vita>. Il volume, lo ricordiamo, è inserito nella collana <I libri di Mistero> (la trasmissione cult di Italia1), è edito da <Priuli & Verlucca> e sta trovando un notevole successo.





La nostra associazione ha fortemente voluto questo incontro, trovando la piena disponibilità dell’autore, l’amico Ade Capone, autore del celebre format Tv di Italia 1, e di altri programmi per la stessa rete Mediaset. Nell’occasione ha presentato il libro insieme alla collaboratrice della “Gazzetta di Parma”, e redattrice della rivista “Mistero”, l’amica Simona Gonzi (collaboratrice di questo Blog), mentre ad introdurre la serata è stato Paolo Panni, della nostra associazione. La serata, che ha visto la partecipazione di un buon numero di persone (che con Ade e Simona hanno dato vita ad un interessante e conviviale dibattito), non è stata incentrata solo sui contenuti del volume, ma è stata anche l’occasione per parlare di alcuni misteri e fatti d’attualità riguardanti le province di Piacenza e Parma, illustrati anche sulla rivista “Mistero” ed affrontati dall’omonima trasmissione di Italia1. Tra le altre cose si è anche accennato ad un fatto recente, di cui è stata diretta testimone Simona Gonzi, che è tuttora al centro di approfondimenti e ricerche.

 



Tornando al libro, che consigliamo a tutti i nostri amici e lettori, va sottolineato come l’autore, grazie alla sua esperienza sul campo, accompagna in una vera e propria indagine tra scienza e paranormale. Ade Capone prende in esame le varie ipotesi, intervista ricercatori, sensitivi e medium, parla di casi sconcertanti ampiamente documentati e prende in esame anche le più recenti teorie scientifiche. Ne emerge così un quadro affascinante, capace di appassionare il lettore, leggendo così il volume tutto d’un fiato. Tra l’altro, Capone ha assistito di persona a molte delle cose che evidenzia e racconta. I suoi saggi sono vere e proprie inchieste che appassionano e fanno riflettere.





La serata, come sottolineato, si è tenuta nella sala conferenze del “Magic Bar”, locale che già da mesi ha dato la propria disponibilità ad ospitare attività e conferenze della nostra associazione. Al locale, gestito dagli amici Renzo e Gabriella, va quindi, ancora una volta, la nostra gratitudine. Ed un grazie speciale anche agli amici Ade e Simona, per la squisita disponibilità dimostrata, e per la preziosa collaborazione che, da subito, hanno garantito anche per l’attività del Blog.


27 aprile 2013

MISTERI E LEGGENDE MILLENARIE A ROCCALANZONA


di Paolo Panni





Mille anni di storia accompagnano le rovine del Castello di Roccalanzona (Parma). Ruderi che possono essere ammirati da buona parte della Val Ceno. Il maniero esisteva già attorno all’anno mille. In particolare è citato in una pergamena del 1028, attualmente conservata nell'Archivio di Stato di Piacenza. In questo documento è scritto che il 4 Luglio del 1028 una certa Ildegarda, figlia di Oddone, di nazionalità Salica e sposata ad Oddone Gauselmo, longobardo, vendeva molte terre, corti e castelli, tra i quali vi era la "Rocca Petraluizoni cum portione Castro ed Rocca ibi habente".

 



Smantellato nel 1295 e poi ricostruito, secondo le scarse notizie storiche che lo riguardano, sarebbe stato conteso fra i Pallavicino ed i Vinciguerra di Varano dè Melegari. E’ certo che appartenne ai Rossi; infatti, nel 1468 Bernardo Rossi, vescovo di Novara, lo lasciò, unitamente a parecchie altre ville, al figlio legittimo Guido. Nel 1479 era di proprietà del celebre Pier Maria Rossi e fallì ogni tentativo che venne fatto per conquistarlo, compreso quello effettuato nel 1482 da Sforza II. Una rocca imprendibile, quindi, al punto che lo stesso Pier Maria la ribattezzò come “Rocha Leone” nel suo inventario castellano. Pier Maria lasciò quindi il maniero al figlio Bertrando, che ne rimase signore anche durante l’imperversare di Ludovico il Morto, sostenuto dai Pallavicino, contro la famiglia Rossi. Grazie anche alla sua posizione, pare che fra tutte le rocche rossiane, solo Roccalanzona sia riuscita a resistere agli assalti di Ludovico il Moro. Il luogo fu poi di Troilo Rossi per poi passare alla Camera Ducale Farnesiana e, di nuovo, nel 1653, passò a un Rossi, Scipione. Che, tuttavia, dovette quasi subito cederlo alla Camera Ducale con le contee di Berceto e Fornovo. E’ noto che il castello era provvisto anche di una chiesa, esistente ancora nel 1739, che fu poi demolita ed il materiale di recupero fu usato per costruire un altro sacro edificio più a valle.





Oggi, della poderosa ed inespugnabile rocca, restano solo le rovine, per altro difficilmente raggiungibili. Ci sono i resti evidenti di un grande mastio e evidenti tracce di mura con numerose feritoie. Esiste ancora un’apertura che immette in un vano con soffitto a volta in fondo al quale si trova una bella balestriera. Il fatto che le rovine si estendano su un’area parecchio vasta, lascia intendere che le dimensioni del castello fossero notevoli e, di certo, di gran lunga superiori a quelle che si notano oggi. Gli anziani del luogo ricordano di aver visto, in una stanza, anche un affresco mariano di cui, tuttavia, non rimarrebbe traccia. Forse un resto dell’antica chiesa che qui sorgeva ed in cui si trovavano le tombe degli abitatori del luogo?



Tante sono le leggende nate attorno alla storia di questo maniero. In particolare si racconta, tutt’oggi, di un complesso di gallerie sotterranee che permettevano, in caso di assedio, di ricevere rifornimenti alimentari e rinforzi militari, oppure di fuggire. Si dice che fossero ampi passaggi, con rivestimenti in blocchi di pietra ed illuminati da torce fisse. In questi sotterranei, secondo la leggenda, sarebbe stato nascosto anche un vitello d’oro, venerato come una deità. Con la distruzione del castello, il prezioso simulacro sarebbe quindi stato perso e mai più ritrovato. Delle strutture sotterranee, nel tempo, non sono mai state ritrovate tracce, ma è anche vero che nessuno le ha mai approfonditamente cercate. Come in tanti altri luoghi, anche qui si parla della presenza di un “pozzo del taglio”. E, visto che fra le mura in rovina si nota un leggero avvallamento circolare, ecco che secondo alcuni questa potrebbe essere l’imboccatura del terribile pozzo.




 Localmente viene poi tramandata un’altra interessante ed inquietante storia secondo la quale i nobili organizzavano, nel maniero, serate danzanti, alle quali venivano invitate anche graziose contadine della zona. Una volta mangiato, bevuto e danzato, i signori sceglievano la fanciulla con cui avrebbero trascorrere la notte. E se qualcuna di loro osava rifiutare veniva gettata proprio nel “pozzo del taglio”, profondo una quarantina di metri, con fissate, sul fondo e sulle pareti, diverse spade taglienti. Per la vittima non c’era ovviamente scampo.

 Qui, da tempo, si tramanda anche la leggenda di Pietra Corva secondo la quale la figlia del conte di Roccalanzona, si innamorò di un giovane di Gallicchiano, una località nei pressi di Riviano, che pascolava le proprie pecore vicino a Pietra Corva. La ragazza apparteneva alla nobile discendenza dei Rossi di San Secondo, mentre il giovane a quella rivale dei Pallavicino. Secondo la leggenda i due innamorati si gettarono dalla rupe di Pietra Corva per non essere mai più divisi. Nelle notti di luna piena si dice che si vedano aleggiare nel cielo due candidi mantelli, che piano piano ricoprono Pietra Corva, scomparendo poi nella notte.

La “Rocca dei leoni” era in rovina già sul finire del Seicento, lo evidenzia anche il rogito Pisani del 1666. E tutt’oggi, seppur ridotta ad uno “scheletro” domina sulle valli Dordone, Ceno e Taro.



TESTI E FOTO DI PAOLO PANNI



FONTI BIBLIOGRAFICHE, SITOGRAFICHE E STORIOGRAFICHE

Tiziano Marcheselli, “Fantasmi e leggende dei castelli parmensi”, Umberto Nicoli Editore

Giovanni Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia scrl, 2012

Guglielmo Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore 1997

 

www.comune.medesano.pr.it

 www.iluoghidelcuore.it



SI PREGANO GLI AUTORI DI SEGNALARE EVENTUALI COPYRIGHT NEI TESTI, AL FINE DI UNA LORO CANCELLAZIONE O MODIFICA.

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23 aprile 2013

TRA MISTERIOSE SIMBOLI E CUNICOLI. A ROCCAPREBALZA, DOVE LA VITA SEMBRA ESSERSI FERMATA AL QUATTROCENTO


di Paolo Panni


Roccaprebalza è un minuscolo borgo che sorge alle porte di Berceto (PR). In gran parte caratterizzato da modeste, semplici abitazioni quattrocentesche, sembra essersi in qualche modo fermato a quella epoca.



Diverse di queste strutture conservano pregevoli portali decorati, in architrave, con misteriose raffigurazioni simboliche. Raffigurazioni semplici, talvolta piuttosto rudimentali.


Chi le ha lasciate? Per tramandare o testimoniare che cosa? Ci sono, soprattutto croci, ma anche croci rovesciate ed altri simboli. Forse qualcosa che possa richiamare all’esoterismo? E perché, per lo più, lasciate esattamente sopra i portali di accesso delle antiche abitazioni? Sembra essere assai difficile trovare una risposta adeguata a giustificare queste raffigurazioni, realizzate molto probabilmente nel medesimo periodo. Ma a significare che cosa?
                 


Quasi in fondo al paese sorge l’antica chiesa. Un modesto, ma suggestivo sacro edificio al cui interno si trovano, al di sotto della pavimentazione, antiche sepolture. Lo evidenziano, chiaramente, anche alcune lastre tombali, una delle quali decisamente inquietante, sulla quale compare un teschio, posta nella nata centrale, quasi all’ingresso della chiesa.
                    

Ed è certa anche la presenza di misteriosi cunicoli sotterranei, che un tempo collegavano chiesa, “caminata” e castello. Cunicoli pressoché inesplorati. Che cosa celano? Erano utilizzati soltanto come semplice via di fuga? E perché, come attestano anche le documentazioni storiche, una così fitta rete di sotterranei? Tutti interrogativi ai quali, per il momento, è difficile dare una spiegazione e che rendono ancora più misteriose le vicende di questo piccolo borgo dell’Appennino.
Come sottolineato questi cunicoli, collegavano anche al castello. Dell’antico maniero restano oggi solo poche, povere tracce di mura, a poche centinaia di metri dalla chiesa, lungo la collinetta che sovrasta l’abitato.




Il maniero esisteva certamente prima della contesa tra autorità civile e religiosa del 1219/1221. Fu di proprietà vescovile prima e della nobile famiglia dei Rossi, poi. Dal 1666 passò quindi alla Camera Ducale che investì i Boscoli ed i Tarasconi Smeraldi. Se del maniero non restano che pochi ruderi, resta invece ben evidente, a due passi dalla chiesa, un ampio portale ad arco: quello che un tempo delimitava l’accesso al castello.

              

Certamente sarebbe auspicabile un intervento di ricognizione al fine di valutare lo stato di conservazione dei cunicoli, la loro eventuale percorribilità, facendo anche luce su ciò che vi si trova conservato.

TESTI E FOTO DI PAOLO PANNI

Fonti bibliografiche e storiografiche:
G.Capacchi, “Castelli Parmigiani”, Silva Editore, 1997.
G.Finadri, “Castelli sconosciuti del Parmense”, Stamperia Scrl 2012.

Si invitano gli autori di segnalare eventuali copyright nei testi.
Le foto sono di proprietà dell’autore. Per un loro utilizzo è sufficiente citarne la fonte.

21 aprile 2013

UNA STORIA DI STREGHE PARMIGIANE TRA LE MURA DEL CASTELLO DI GRAGNANO

Di Paolo Panni



Il castello di Gragnano Trebbiense, situato in aperta pianura, a pochi chilometri dalla città di Piacenza, è stato teatro, secoli fa, di un doppio, tragico fatto: tutto parmigiano. Al centro della vicenda il terribile Duca Ranuccio I Farnese (quarto Duca di Parma e Piacenza, quinto Duca di Castro, figlio del grande condottiero Alessandro Farnese e di Maria D’Aviz) e due donne parmigiane, Claudia Colla e la madre Elena.

 Il diabolico duca, personaggio superstizioso, confiscatore di beni altrui e, oltretutto epilettico, non era l’uomo più adatto da frequentare. A loro spese lo capirono non solo Barbara Sanseverino e gli altri pseudo congiurati che persero la vita nel 1611, ma anche Claudia ed Elena. Fu, in questo caso, una vicenda vissuta tra amori, filtri magici, riti notturni ed incantesimi.
Claudia, già da ragazzina, appena quindicenne, divenne l’amante del Duca, colpito dalla sua grande bellezza. La madre Elena, intuito ben presto che quella poteva essere una grande occasione per arricchirsi, spronò la relazione fra il nobile e la figlia. Le due donne, inizialmente, vissero a Parma, a Palazzo Ducale, con cortigiani e nobili che furono costrette a trattarle come nobili. La giovanissima Claudia ebbe anche due figli dal Duca, il quale tuttavia, nel dicembre 1599, per ragioni di Stato, come accadeva allora, dovette sposare Margherita Aldobrandini. La differenza, molto semplicemente, stava nel fatto che, se Claudia era una ragazza bellissima, Margherita era invece bruttina. Era però non solo molto ricca, ma era nipote di Papa Clemente VIII. Nel giro di breve tempo emersero problemi direttamente legati alla possibilità di avere eredi. Infatti, il primo figlio, nato l’8 agosto 1602, morì a poche ore dal parto. La figlia nata l’anno seguente morì, a sua volta, quasi subito. In più ci furono due aborti e l’unico figlio che riuscì a sopravvivere, Alessandro, dopo le feste iniziali, fece emergere evidenti limiti: era sordomuto ed epilettico. Malattia, quest’ultima, “ereditata” dal padre. Insomma, Margherita Aldobrandini, oltre ad essere bruttina, non era in grado di dare un figlio decente a casa Farnese. A quel punto fu di nuovo chiamata in causa Claudia Colla, che fino a quel momento non si era rassegnata ad essere allontanata dal Palazzo ed aveva più volte cercato di riprendere la relazione col Duca, con l’obiettivo che questi riconoscesse i figli. Ma per la ragazza questa mossa fu la più sbagliata. Ranuccio I Farnese aveva infatti gravi disturbi, fra atroci mal di testa, sofferenze psicologiche, palpitazioni al cuore, un sistema nervoso pressoché a pezzi, era spesso alle prese con stati di singhiozzo convulso e,oltretutto, vedeva e sentiva cose che, di fatto, esistevano solo nella sua fantasia. L’uomo riversò la colpa di tutti questi problemi sulle due Colla, accusandole di stregoneria e facendole arrestare. Arresto che avvenne il 27 aprile 1611. Claudia subì la tortura e confessò tutto, snocciolando anche numerosi particolari (come attestano i verbali del processo). Parlò anche di filtri d’amore confezionati con grande abilità. Uno di questi, ad esempio, composto da farina rubata da tre diversi mulini, impastata con acqua di tre canali e tenuta sul seno per nove giorni, finchè il fuoco dell’amore non l’aveva cotta. Inoltre, quando Ranuccio era a Piacenza, le due streghe, al fine di farlo rientrare, percuotevano un’immagine della Madonna con le bacchette con cui si battono le tenebre nella Settimana Santa. Ed intanto recitavano queste parole: “La Vergine nascette in Airò; sia benedetto quello profeta che la proffettizzò; sia benedetto quell’angelo che l’annuntiò; disse Ave Maria ed pupi s’inzenocchiò”.
Claudia, inoltre, portava sempre una calamita battezzata e, mentre si batteva ritmicamente il pugno su un ginocchio, di fatto, ad ogni colpo, il cuore del Duca avvertiva un sobbalzo. Così come emerse che, per non fare avere figli a Ranuccio e Margherita, le Colla avevano piantato nella loro cantina un bastone, dentro ad una buca profonda. Alla nascita di un germoglio corrispondeva quella di un nuovo Franese, ma una delle fattucchiere strappava immediatamente il germoglio, così che il piccolo nato doveva morire. Emerse poi che tre chiodi nuovi erano stati sotterrati dietro le mura del cimitero di San Lazzaro, fuori Porta San Michele. E, nonostante le ripetute ricerche effettuate da servi e soldati, non fu trovato nulla. E Ranuccio continuò a soffrire di mal caduco e, per parecchio tempo, udì un costante tintinnio nelle tappezzerie ed era tormentato da un piccolo uccello dal capo nero che, di notte, batteva le ali contro le sue finestre. Ad una serie di prove schiaccianti si aggiunsero anche dei testimoni. Fra questi, Antonia Zanini, un’apprendista strega, mandata dalle Colla a spargere una strana polvere bianca sul penultimo gradino dello scalone principale del Palazzo Ducale. E così, quando il Duca vi posò i piedi, cadde a terra e svenne. Leggendo i verbali, sono indubbiamente curiosi, ed un tantino comici, quelli relativi alla Zanini stessa che racconta anche dei suoi cordiali rapporti, nientemeno che col diavolo. “Andai sopra al pozzo con una cannetta in bocca, che era longa qualche mezzo brazzo et larga doi dita et chiamai tre volte Sattàn; et subito io lo vidi nel pozzo et venne su per la detta cannetta et saltò lui in meggio la stanza dove era detto pozzo, con le corne in forma di demonio; ma non era brutto, ma in forma et aspetto di giovine con i piedi come le ocche et era vestito con i panni longhi, nel che non se gli vedea se non i piedi. Et disse ‘Dimanda che cosa tu vuoi’. Et io gli dissi che voleva quel messer Andrea per marito. Et detto Demonio mi disse che mi havrebbe fatto fatto avere tutto quello che havessi voluto et oro et gioie et tutto quello che havessi saputo desiderare, purchè l’havessi adorato lui et dattomigli in anima et corpo”. La Zanini, secondo quanto tramandato dalla storia, era brutta e vecchia. Finì anche lei in carcere e il suo Satana fedifrago non si fece più vedere.
               


Prigioni e camera di tortura erano a Gragnano. Qui, a Claudia fu trovato e sequestrato anche uno strano “pomo verde” che prese alla sprovvista anche gli esorcisti locali. Venne così chiamato un certo Don Girolamo, famoso persecutore di diavoli, fatto arrivare direttamente da Napoli. Faticò, e non poco, Don Girolamo, a scacciare il diavolo. Nel momento in cui ci riuscì, la zona fu colpita da un violento temporale, con la grandine che distrusse le campagne per un raggio di quindici miglia. Intanto continuò a star male il Duca di Parma, che oltretutto sentiva ovunque puzza di zolfo bruciato e, nel momento dell’esorcismo a carico del “pomo verde”, stando ancora a quanto riportato nei verbali di allora, gli vennero “dieci o dodici accidenti”.
Terminato il processo, e condannate come streghe, Claudia ed Elena vennero bruciate vive, secondo il “rituale” che allora si seguiva, appunto, per fatti di stregoneria. Nei sotterranei del castello,da tempo murati, per anni ed anni, secondo le testimonianze riportate, si sono uditi strani rumori e lamenti. In passato, quando i sotterranei erano ancora aperti, ci fu anche chi tentò di capire origine e causa di quei gemiti. Si trattò, come ricordano le memorie locali, di un fattore che fece scendere, in quei locali, i suoi cani famelici. I due animali tornarono talmente terrorizzati che nessuno ebbe mai più il coraggio di addentrarsi nei sotterranei.
             



Da evidenziare che la zona è stata anche al centro di sanguinose battaglie. Nell’anno 889, ad esempio, la zona fu teatro di una sanguinosa battaglia fra eserciti di Berengario I marchese del Friuli, nipote per parte di madre di Lodovico il Pio, e di Guido II principe francese divenuto duca di Spoleto. Lo scontro fu favorevole a Guido e Berengario si salvò fuggendo a Verona.
Un'altra battaglia fu quella fra i francesi del generale Mac Donald e gli austro-russi del generale
Suvarov avvenuta nel giugno del 1799. I Francesi, sconfitti, si ritirarono attraverso i monti in Liguria.
TESTI E FOTO DI PAOLO PANNI
LE FOTO DI RANUCCIO I FARNESE PROVENGONO INVECE DAI SITI DELLE BIBLIOTECHE DI PARMA E DAL PORTALE EUROPEANA.EU. L’immagine che lo ritrae a cavallo è la statua equestre di Francesco Mochi che si trova in piazza Cavalli a Piacenza.

FONTI BIBLIOGRAFUCHE E SITOGRAFICHE

Tiziano Marcheselli, “Fantasmi e leggende dei castelli parmensi”, Umberto Nicoli editore

Unione comuni-valtrebbia-valluretta.it
Metropolis.it
Sapere.virgilio.it

Si invitano gli autori a segnalare eventuali copyright nei testi al fine di una loro cancellazione o modifica.
Le foto, ad eccezione di quelle di Ranuccio I Farnese, sono di proprietà dell’autore. Per un loro utilizzo è sufficiente citarne la fonte.

19 aprile 2013

LUNGO IL PO….DOVE ALEGGIA IL FANTASMA DEL CONTE LUDOVICO CONFALONIERI

Di Paolo Panni






Poderoso maniero situato a due passi dal fiume Po, il castello di Calendasco (Piacenza) risale al IX secolo. Sorse per volontà del Vescovo di Piacenza, e dopo essere stato in possesso della Curia emiliana appartenne agli Arcelli, ai Pallastrelli, ai Confalonieri, agli Sforza, agli Scotti e aglio Zanardi Landi. Nel 1346 fu distrutto da fuorusciti piacentini, mentre nel 1372 fu riedificato dai guelfi contro i Visconti. Conserva ancora l’aspetto trecentesco, il fossato, l’ingresso un tempo con ponte levatoio e la pusterla. Fa parte di un antico borgo comprendente la fortezza, il recetto, la chiesa e l’hospitale dei pellegrini. Tutto questo formava il burgi Calendaschi.
Si tratta di una fortificazione situata nel centro paese, realizzata interamente in mattoni e, tutto sommato, ben conservata, anche se sarebbero necessari importanti lavori di restauro. Si tratta di una struttura trapezoidale, con merlatura chiaramente guelfa. La facciata conserva ancora una parte del fossato e comprende una torre cilindrica, un ingresso con ponte, un tempo levatoio, come testimoniano gli incassi del rivellino; è ancora ben evidente anche la pusterla, la porta più piccola, ad accesso levatoio. Ad esso si affianca l'antico recetto, del X secolo, sempre ad ingresso levatoio.





Nelle carte antiche è chiamato, oltre che "castro", anche "rocca". E’ noto infatti che la rocca fortificata era corredata di un manipolo di soldati sotto il comando di un capitano: effettivamente, capitani del vescovo di Piacenza sono stati i Confalonieri, che ressero per tantissimi decenni il feudo di Calendasco. All’interno si trovano due grandi sale con camino, cioè la caminata magna superiore e quella detta caminata magna inferiore: tutte e due sono dette 'magne', cioè grandissime, perché effettivamente così strutturate.
Un rilevante fatto storico legato al maniero è quello del 14 gennaio 1482. In quella data, dopo vari giorni di assedio, le truppe di Ludovico il Moro, Signore di Milano, strapparono il castello di Calendasco al capitano Antonio Confalonieri.

Da tempo, e qui entriamo negli aspetti “misteriosi” del maniero, si dice che fra le antiche mura si aggiri il fantasma del Conte Ludovico Confalonieri, assassinato proprio all’interno del castello, il 13 settembre 1572, dall’amante della moglie, il nobile piacentino Antonello dei Rossi. Quest’ultimo, intratteneva una relazione con Camilla (consorte del Confalonieri) e, con un’imboscata, riuscì a raggiungere il conte uccidendolo a stilettate.

A pochi chilometri da Calendasco, nel 1290, nacque San Corrado Confalonieri, feudatario che in gioventù causò, proprio nei pressi di Calendasco, l’incendio di un bosco e, una volta pagati tutti i relativi danni, si ritirò in penitenza nel locale convento, oggi chiamato Romitorio S.Corrado (che nel XIII secolo fu convento di eremitaggio dei Terziari Francescani). Attratto dalla figura di Fra Aristide, Corrado Confalonieri divenne a sua volta frate e andò in pellegrinaggio in Sicilia, esattamente nella Val di Noto Noto, dove passò trent'anni, tra la preghiera, il servizio e il romitaggio. Gli si attribuiscono molti miracoli. Morì mentre era in preghiera, il 19 febbraio 1351. Gli e' comunemente attribuito il titolo di santo. Così fa anche la Bibliotheca Sanctorum. Il Martyrologium Romanum, invece, lo qualifica come "beato".





Da sottolineare anche che il borgo di Calendasco, che sorge presso il fiume Po, era un’importante tappa sulla Via Francigena: nei suoi pressi si trova il porto, detto guado di Sigerico, punto dove i pellegrini attraversavano il fiume con le barche. Lo stesso arcivescovo di Canterbury (Sigerico appunto), qui guadò il fiume nel 990.
Un fatto storico di grande rilievo si lega a queste terre: si tratta della Dieta di Roncaglia del 1158. Federico Barbarossa convocò i rappresentanti delle città presso l’attuale località di Cò Trebbia Vecchia, per proclamare la sua autorità sui Comuni d’Italia. In quell’occasione pretese la restituzione alla Corona dei beni e delle regalie imperiali, imponendo un podestà nelle città. Questo avvenne dopo che i giuristi di Bologna definirono i “diritti regali” in base alla legge romana (Quod principi placet legis habet vigorem).
Altro fatto interessante accadde sul finire dell’Ottocento quando, nei pressi di Campadone, nelle immediate vicinanze di una fornace di argilla, in modo casuale vennero alla luce sette pugnali di selce: due di questi andarono al Liceo Cantonale di Lugano, mentre degli altri si sono perse le tracce.


SERVIZIO DI PAOLO PANNI
FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE:


L.Cafferini, Guida turistica “Piacenza e la sua provincia”, triennio 2010, 2011,2012
 

www.emiliaromagna.beniculturali.it

it.wikipedia.org

www.italiamappe.it

www.agriturismipiacentini.it

www.piacenzantica.it

www.turismoapiacenza.it

www.santiebeati.it.

15 aprile 2013

Presentazione del nuovo libro “Indagine sull’aldilà, Vita oltre la vita” di Ade Capone


di Paolo Panni






Si è tenuta, a Salsomaggiore Terme, nella sfarzosa cornice liberty del salone delle Terme Berzieri, la presentazione del nuovo libro “Indagine sull’aldilà, Vita oltre la vita” di Ade Capone, affermato scrittore, giornalista e sceneggiatore ed autore della trasmissione cult di Italia1 “Mistero”. Dopo “Contatto”, ecco dunque questo nuovo sforzo editoriale di Capone. Il libro, edito da Priuli & Verlucca è inserito nella collana “I libri di Mistero”, ideata e curata da Alessandro Stanchi.





 
Nell’occasione, di fronte ad un considerevole numero di persone, Capone è stato affiancato dal giornalista Andrea G.Pinketts (volto noto di “Mistero”) e da Simona Gonzi, fidentina, giornalista della Gazzetta di Parma e componente della redazione della rivista “Mistero”. Presente, tra il pubblico, anche Roberto S.Tanzi, scrittore salsese da tempo cultore e studioso di argomenti legati al mondo del mistero. Un incontro nel corso del quale non ci si è limitati alla sola presentazione del volume ma si è spaziato fra argomenti trattati in questi anni dalla trasmissione “Mistero”. Fra questi anche due celebri casi locali, già trattati anche da Simona Gonzi per la rivista. Vale a dire le “tracce” di Dante Alighieri rimaste nella zona di Fidenza e Salsomaggiore, specie nell’antico borgo di Contignaco (terra dove potrebbero anche trovarsi reperti dell’antico, originale manoscritto della Divina Commedia, o dove questo potrebbe essere almeno passato), e le incredibili analogie riguardanti la scomparsa di Prospero Zerbini e della figlia Flora. Fatto, quest’ultimo, che si è invece verificato nella zona di Case Mezzadri, sempre a poca distanza da Salsomaggiore. Tutti casi, questi, che potete approfondire anche sul nostro blog grazie alla collaborazione instaurata con gli amici Ade Capone e Simona Gonzi. La presenza di Andrea G.Pinketts, nell’occasione, è stata anche utile per parlare della sua esperienza di cronista di nera, ed ecco quindi che l’attenzione è stata spostata su alcuni celebri casi nazionali come l’omicidio di Garlasco, il caso del cosiddetto mostro di Foligno ma anche la tragica uccisione, in terra parmense, del piccolo Tommy.




 

Venendo invece al libro, Ade Capone, in tanti anni di esperienza ha avuto modo di incontrare medium e sensitivi, persone che hanno vissuto l’esperienza della premorte, studiosi e ricercatori, ha svolto indagini di carattere paranormale. Il risultato è quello di un notevole “bagaglio” che gli è servito per realizzare quella che, nel libro, è una indagine tra scienza e paranormale, col risultato di aver dato vita ad un lavoro chiaro, approfondito e di facile comprensione, che appassiona, coinvolge e si legge tutto d’un fiato.

Parlando di medium e sensitivi, nel corso della presentazione, Ade Capone ha evidenziato alcuni aspetti importanti, che per altro la nostra associazione condivide. Innanzitutto ha consigliato a tutti di scartare immediatamente, ed a priori, coloro che chiedono soldi per svolgere la loro attività. “Il vero medium – ha fatto giustamente notare Capone – fai molto fatica a trovarlo e non è certo lì a portata di mano. Si devono invece scartare quelli che, per così dire, trovi lì dietro l’angolo”. Ha anche ammesso come, diversi presunti medium, ai quali “Mistero” ha chiesto interviste, abbiano immediatamente chiesto soldi per realizzare i servizi (che sono quindi tramontati sul nascere).

Si è parlato anche dell’azione svolta dai demoni e, più in generale, dal maligno ribadendo come sia necessario, proprio per i rischi che si possono correre, avvicinarsi con cautela, rispetto ed in presenza di persone esperte al mondo del paranormale.

Ecco dunque come, la presentazione di un libro, che sta già ottenendo per altro un vivo successo, è diventata l’occasione, interessante e seguita da tutti i presenti con grande attenzione, per affrontare temi legati al mistero (con un particolare approfondimento di casi parmensi) e al mondo del paranormale.


Ci è anche gradita l’occasione per ringraziare, tramite questo blog, l’amico Ade Capone per la collaborazione che ci ha fornito e per la promozione che, durante l’incontro salsese, ha effettuato circa l’attività dell’associazione “Emilia Misteriosa”.



TESTI E FOTO DI PAOLO PANNI

L’USO DELLE FOTO E’ LIBERO. SI CHIEDE SEMPLICEMENTE DI CITARNE LA FONTE

SULLE TRACCE DI ALINA, LA STREGA DI PARMA


Di Paolo Panni






E’ di fresca uscita il “Dizionario Biografico delle Parmigiane”, corposo libro di Fabrizia Dalcò, fortemente voluto dalla Provincia di Parma, la cui pubblicazione è andata in porto grazie al sostegno della Fondazione Cariparma, oltre che di sponsor ed associazioni del territorio. Quasi 500 pagine che permettono di conoscere non solo i nomi ed i cognomi, ma anche le storie di 1530 donne di Parma e provincia. Si va da quelle più famose come Maria Luigia d’Austria, per arrivare a contadine e religiose, cuoche e massaie, maestre di scuola e ed infermiere, antifasciste e poetesse, nobildonne e semplici figure della campagna. Un modo significativo per conservare ed elaborare la storia delle nostre donne, rendendo visibili, e note, le importanti tracce che hanno lasciato in campo sociale, politico, economico, culturale. Un volume che mette insieme le vite delle donne dall’immensa fama di vita, ma anche donne comuni la cui storia merita di essere ricordata e conosciuta, per l’esempio che hanno dato, per le relazioni che hanno costruito, per i percorsi che hanno compiuto e indicato.
 
 
 
Ma, si chiederanno quelli che sono arrivati a leggere fin qui, che cosa centra tutto questo con il mondo affascinante del mistero?Centra eccome, visto che, tra le 1530 vicende di vita femminile raccontate, non mancano quelle legate a donne che possono direttamente interessare la nostra attività di approfondimento e divulgazione, destando interesse anche fra coloro che ci leggono.

Fra le “protagoniste” del Dizionario c’è Alina. Era una strega (o, meglio, era considerata tale). Nel 1279 il Tribunale dell’Inquisizione la condannò al rogo: fu bruciata viva sulla ghiaia del torrente Parma, in città. Di lei parla anche C.Zennoni in “Condannati a morte in Piazza Ghiaia, in Piazza Ghiaia, teatro di un mercato”, edito da Mup nel 2003. Ma non si sa altro, almeno per ora.

C’è poi Cassandra Marinoni, la celebre “Donna Cenerina” il cui fantasma, da secoli, vagherebbe tra le mura della Rocca di Soragna. Nel 1548, come si ricorda anche nel libro, Cassandra Marinoni sposò, a Cassano d’Adda, Diofebo Meli Lupi, marchese di Soragna, stabilendosi nel piccolo feudo, che spesso si trovò a governare, per altro con particolare saggezza, durante le ripetute assenze del marito. Ebbe anche una sorella più giovane Lucrezia, che nel 1560 si unì in matrimonio con il nobile piacentino Giulio Anguissola. Quest’ultimò cerco di entrare in possesso del notevole patrimonio della moglie, tentando di avvelenarla, ma senza esito. Questo portò alla separazione tra i due, con Lucrezia Marinoni che da quel momento alternò i suoi soggiorni a casa della madre a Milano, a Cremona nel suo palazzo ed a Soragna, dalla sorella Cassandra. A Cremona, il 18 giugno 1573, il conte Anguissola, fingendo di volersi riconciliare con la consorte, riuscì ad avere un colloquio. In realtà giunse armato, accompagnato da alcuni uomini. Le due sorelle erano insieme e furono barbaramente uccise. Il conte Anguissola, fuggito poi a Venezia, in contumacia fu condannato alla pena capitale ed alla confisca dei beni ma, nonostante l’intervento di Diofebo Meli Lupi, che si rivolse anche al Re di Spagna per avere soddisfazione dell’offesa ricevuta, non fu mai catturato. Il corpo di Cassandra fu trasportato a Soragna e, in omaggio alle sue doti, già intorno al 1555 le fu dedicata una medaglia in bronzo incisa da Pier Paolo Galeotti, recante nel diritto la sua effige con scritto “Cassandra Marin Lupi Marchio Sor” e, nel rovescio, un tempietto d’ordine dorico con le parole “Formae Pudictia”. Da secoli si dice che il fantasma inquieto di Cassandra, grigio come la cenere (da qui il nome Donna Cenerina) si aggiri sconsolato fra le mura del maniero di Soragna e si faccia sentire quando sta per avverarsi qualcosa di grave a carico di un componente della nobile famiglia Meli Lupi.

C’è poi un’altra nobildonna, Bianca Pellegrini, celebre per la sua storia d’amore con Pier Maria Rossi. Secondo alcuni, il suo fantasma vagherebbe sia nella rocca di Roccabianca che in quella di Torrechiara.

E ci sono infine, nel libro, tante altre vicende legate a donne decisamente poco conosciute e, quindi, in qualche modo, coperte di mistero. Che meritano di essere lette e studiate per avere una conoscenza ancora maggiore della storia dei nostri territori.



LA FOTO, DI PAOLO PANNI, E’ STATA REALIZZATA DURANTE LA PRESENTAZIONE AVVENUTA A BUSSETO. PUO’ ESSERE USATA LIBERAMENTE, CITANDONE LA FONTE.

EMILIA MISTERIOSA ALLA SCOPERTA DEL CASTELLO E DELLA PIEVE DI CAVRIANA, DELLA ROCCA E DELLA CHIESA OSSARIO DI SOLFERINO


Di Panni, Bragadini e Appiani


In occasione della festività di Pasqua, il nostro gruppo ha promosso una trasferta fuori dai confini emiliani per andare alla scoperta di alcuni interessanti luoghi della vicina provincia di Mantova.
Tra le finalità della nostra associazione, oltre all’approfondimento di temi e luoghi legati al mondo del mistero della nostra regione, è anche quella di andare alla scoperta di luoghi che potremmo simpaticamente definire “vicini di casa”. Anche con l’obiettivo di valorizzarli, promuoverli e farli conoscere ad un pubblico più vasto.





La visita ha preso il via da Cavriana, caratteristico borgo lombardo che sorge su una delle colline meridionali dell’anfiteatro morenico del Garda. Un paese dall’origine molto antica. E’ citato infatti nell’inventario dei beni del Monastero di Santa Giulia (958) ed in un diploma imperiale di Enrico II. La prima fase di fortificazione del borgo si fa risalire all’epoca della dominazione dei Canossa, successiva a quella della Curia mantovana e terminata nel 1115 d.C., con la morte della Contessa Matilde. Il castello, di proprietà prima dei Riva e poi negli ultimi decenni del XIII sec. dei Bonacolsi, nel 1328 passò alla famiglia Gonzaga, la quale riuscì ad impadronirsi prima di Mantova e poi di Cavriana. La posizione strategica e l'amenità del luogo lo resero la residenza extraurbana prediletta dai Gonzaga. Teatro degli scontri fra i Visconti ed i Gonzaga, nel corso dei secoli fu al centro di ampliamenti, distruzioni e rifacimenti. Se un tempo era la più ampia fortificazione dello stato mantovano, nel 1650 venne dichiarato ufficialmente “decaduto” dal governo gonzaghesco. Nel 1707, dopo la caduta dei Gonzaga, l’Austria, nuovo governante, determinò l’abbattimento della rocca che versava in condizioni fatiscenti. Parte del materiale ricavato fu utilizzato per la costruzione della vicina Villa Mirra, che ospita il Museo Archeologico dell’Alto Mantovano, importante realtà culturale in cui sono custoditi reperti venuti alla luce nel territorio, risalenti anche al’epoca preistorica. Fra questi anche le celebri ed antichissime “tavolette enigmatiche”, da tempo oggetto di studi ed al centro, nel 2010, di una rilevante mostra internazionale. Il museo, da noi, nel pomeriggio di Pasqua, è stato trovato chiuso: cosa da considerare quantomeno singolare per un giorno festivo e, ancor di più, per un evento come la Pasqua che, notoriamente, richiama numeri significativi di turisti.





Tornando al castello, oggi, a testimonianza dell'antico maniero rimangono i ruderi della cinta muraria, una delle porte di accesso e una torre di avvistamento e difesa trasformata in campanaria (a servizio della chiesa parrocchiale) nel XVII secolo. E' dimostrato che il complesso fino a metà del XVII secolo era dotato di fortificazioni, con torri, muraglioni merlati e ponte levatoio. Il fortilizio era abitato, con al suo interno un oratorio del XII secolo a servizio della corte e denominato S. Biagio in Castello.
Da evidenziare anche che un importante intervento di restauro terminato nel 2004, ha portato al consolidamento di consistenti brani della cinta muraria e alla riapertura del collegamento tra la principale piazza del centro storico e l’area delle ex abitazioni della rocca.

Cavriana ed il suo castello sono anche al centro di una curiosa leggenda, quella della Capra d’oro, da cui trae spunto l’omonimo Palio che si tiene dal 1998. Secondo quanto viene tramandato, una Capra d’oro, da secoli, si troverebbe sepolta sotto il maniero, per tantissimo tempo cercata da numerose persone. Un tesoro, quindi, che tutti bramavano, e che alla fine venne alla luce (ma c'è chi sostiene che tra le mura del maniero sia ancora nascosto il vero tesoro) durante alcuni lavori di scavo. Il ritrovamento, dopo secoli di bramose ricerche, creò invidie, gelosie, rivendicazioni. In breve i rioni dell'antichissimo borgo e perfino le frazioni attorno rivendicarono il diritto di proprietà della preziosa statua.
Le lotte e i dissapori turbarono l'operosa e tranquilla vita dei cavrianesi che alla fine cercarono un accordo soddisfacente per tutti: fu deciso all'unanimità di far disputare una corsa di capre. Ogni rione e ogni frazione si sarebbe scelta una capra campione e l'avrebbe fatta correre nella gara annuale prevista per i primi di luglio: la contrada vincitrice avrebbe conquistato come premio il diritto di custodire per un anno il prezioso cimelio. Che sarebbe stato rimesso in palio l'anno successivo. Ecco quindi che il Palio della Capra d'oro si tiene quest'anno il 5 luglio in piazza San Sebastiano.







Subito dopo la visita ai resti del castello, il nostro gruppo si è spostato all’antico santuario “Madonna della Pieve”, situato appena fuori dal centro storico. Si tratta della prima chiesa parrocchiale di Cavriana, d’impianto romanico, dedicata alla Madonna Immacolata. Su una tegola romana posta esternamente si legge “M N D” che sta per “Maria Nostrae Dominae” e “MCX”: evidente data della costruzione. Con ogni probabilità venne costruita dai frati benedettini dell’abbazia di Leno (Brescia), proprietari all’epoca di una vicina corte, con materiale laterizio tratto da una località vicina dove esisteva, in epoca romana, una fornace. All’interno si trovano resti di affreschi dei secoli XI e XII, mentre il portale è del 1332, Molto probabilmente è contemporanea ad esso l’immagine della Madonna scolpita e collocata nel catino absidale centrale e da sempre considerata fra le più antiche ed importanti sculture del Mantovano. Sotto il manto della Santissima Vergine (qui comunemente chiamata Santa Maria Nova) sono raffigurati, forse, i componenti della Compagnia Confraternita della Santissima Concezione, che risulta essere esistita anticamente presso la chiesa. Nell’area esterna di pertinenza del sacro edificio, impreziosita dai suggestivi cipressi, tra le altre cose si trovano un antico pozzo ed una stele commemorativa rimasta a ricordare la battaglia risorgimentale fra le truppe di Napoleone III e gli austriaci, combattuta proprio sul colle in cui sorge la pieve.








Nel corso dello stesso pomeriggio ci siamo quindi spostati a Solferino, per la visita alla Rocca e alla Chiesa Ossario. In cima al colle più alto del paese, conteso dagli Austriaci all'esercito francese alleato dei piemontesi nella celebre battaglia del 24Giugno 1859, sorge la maestosa costruzione di 23 metri di altezza, risalente al 1022. Definita "La Spia d'Italia" per la sua posizione strategica , è circondata da un ampio parco. Nella torre, acquistata e ristrutturata dalla Società Solferino e San Martino, si conservano cimeli rinvenuti sul campo di battaglia. All'interno e lungo la rampa lignea che porta alla terrazza panoramica, sono altresì esposti documenti relativi alla storia della Rocca ed alla zecca dei Gonzaga di Solferino. Prima di giungere sulla terrazza si apre una grande sala in cui campeggiano i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Vittorio Emanuele III e che per questo è denominata "Sala dei Sovrani" . Dalla terrazza della Rocca si può godere lo stupendo panorama della rigogliosa campagna sottostante e vedere in lontananza, verso il nord, la Torre di San Martino, distante circa 10km ed il lago di Garda ed al sud le prime propaggini appenniniche, Castiglione delle Stiviere e la vasta pianura padana fino alle prime propaggini degli Appennini.





A breve distanza si trova la Chiesa-Ossario, dedicata a San Pietro in Vincoli, a sua volta di proprietà della Società Solferino e San Martino. Sul lato sinistro dell'ingresso si trova un busto bronzeo di Napoleone III collocato in occasione del centenario della morte dell'Imperatore, mentre sulla destra, vi è una piccola piramide di pietra che ricorda il generale francese Auger ferito il 24 giugno a Cà Morino e quindi morto a Castiglione delle Stiviere. Sulla facciata della chiesa campeggiano due mosaici raffiguranti, l'uno, San Pietro e l'altro il Redentore, sovrastati da una statua della Madonna con ai lati due angeli della Resurrezione. All'interno, nell'abside, sono custoditi 1413 teschi ed innumerevoli ossa dei 7mila caduti della battaglia del 1859. Cinque busti di altrettanti generali francesi che caddero sul campo nella Campagna d'Italia si fronteggiano all'ingresso del tempio.










TESTI DI PAOLO PANNI

FOTO DI ALESSANDRO APPIANI, GIOVANNA BRAGADINI E PAOLO PANNI



Fonti bibliografiche e sitografiche

Parrocchia di Cavriana, “Madonna della Pieve – Santuario delle Colline Mantovane”

www.reggedeigonzaga.it

www.lombardiabeniculturali.it

www.universitaeuropeadiroma.it

www.comune.cavriana.mn.it

www.paliodellacapradoro.it

www.prolocosolferino.it

www.solferinoesanmartino.it